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PILLOLE di DIRITTO - Pubblicazioni

Studio Legale Avv. Davide De Matteis

Separazione e Spese Condominiali: Caso Risolto Sentenza Bologna n. 20046 del 2020

Indice

Sentenza Tribunale di Bologna sulle Spese Condominiali e Casa Coniugale Assegnata

Il diritto di famiglia è un ambito complesso che spesso richiede un’analisi approfondita delle decisioni giudiziarie. A Bologna, molti casi riguardano l’assegnazione della casa coniugale, le spese condominiali e la legittimità delle decisioni prese in primo grado.

Per ulteriori dettagli sulla separazione e consigli su come trovare un avvocato di fiducia, ti invito a consultare il seguente articolo: Avvocato Divorzista Bologna: i Nostri Costi, Tempi e Consigli Pratici.

In questo articolo esamineremo alcuni aspetti rilevanti delle sentenze, con particolare attenzione alle violazioni del contraddittorio e alla gestione delle spese condominiali in caso di separazione.

La decisione del Giudice di Bologna sulle Spese Condominiali

Nell’ambito della separazione, la “fruizione gratuita” dell’immobile assegnato al coniuge non proprietario si limita esclusivamente all’uso dell’abitazione e all’esonero dal pagamento del canone d’affitto. Tuttavia, non include le spese connesse all’utilizzo dell’immobile, come quelle condominiali, che rimangono a carico dell’assegnatario, salvo che un’esenzione specifica sia prevista in modo esplicito.

Assegnazione della Casa Familiare

L’assegnazione della casa coniugale a Bologna, come altrove, è disciplinata secondo criteri chiari. Secondo la Cassazione (Sentenza n. 3836/2006), l’assegnatario è esentato dal pagamento del canone di locazione ma non dalle spese correlate all’uso dell’immobile, come quelle condominiali. Queste ultime, in assenza di un provvedimento esplicito che ne accolli l’onere all’altro coniuge, restano a carico dell’assegnatario.

Esempio Pratico: Nel caso trattato, il Tribunale di Bologna ha ribadito che la gratuità dell’assegnazione si riferisce esclusivamente al godimento dell’immobile, escludendo la copertura delle spese condominiali. Qualsiasi esenzione aggiuntiva deve essere espressamente prevista nel provvedimento.

Ruolo del Figlio Minore

Spesso si sostiene che, poiché l’assegnazione della casa include il figlio convivente, alcune spese debbano essere accollate all’altro genitore. Tuttavia, giuridicamente, l’assegnazione riguarda esclusivamente il genitore affidatario, che rimane responsabile delle spese ordinarie, come confermato dalla giurisprudenza di merito e di legittimità.

Contestazione delle Spese Condominiali

Secondo l’art. 1137 c.c., solo il proprietario dell’immobile può contestare i preventivi e consuntivi condominiali. Questo significa che l’assegnatario, in quanto utilizzatore, non può opporsi formalmente a tali spese.

FAQ – Spese Condominiali e Casa Assegnata

1. Quali Sono Le Spese a Carico Dell’Assegnatario della Casa Coniugale?

Le spese condominiali ordinarie e quelle relative all’uso dell’immobile sono a carico dell’assegnatario, salvo diversa disposizione del giudice.

2. È Possibile Contestare Le Spese Condominiali Se Si È Assegnatari?

No, la contestazione delle spese condominiali spetta esclusivamente al proprietario dell’immobile.

3. Cosa Succede Se Non Mi Presento Alla Prima Udienza?

L’assenza alla prima udienza può comportare la dichiarazione di contumacia. Tuttavia, eventuali irregolarità formali possono essere sanate se non ledono il diritto di difesa.

4. L’Assegnazione Gratuita Include Tutte Le Spese della Casa?

No, la gratuità si riferisce solo al canone d’uso dell’immobile. Le spese relative alla manutenzione ordinaria restano a carico dell’assegnatario.

5. Cosa Fare Se Ritengo Il Giudizio Ingiusto?

Puoi presentare appello, ma è necessario dimostrare che vi siano stati errori procedurali o interpretazioni errate della legge.

Sentenza Tribunale Bologna sez. III, 23/01/2020, n. 20046

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Si omette, ai sensi e per gli effetti dell’art. 132 c.p.c., l’esposizione dello svolgimento del giudizio.

Infondato è il primo motivo di appello, incentrato sulla pretesa illegittima dichiarazione di contumacia in primo grado e sull’altrettanto pretesa violazione del contraddittorio.

Ed infatti, valga quanto segue.

A prescindere dal fatto che la causa, come documentato da parte appellata, fu regolarmente iscritta a ruolo dopo la notifica dell’atto di citazione, va osservato che parte appellante non si è presentata alla prima udienza indicata in tale atto, limitandosi a censura ignoranza incolpevole circa l’avvenuta iscrizione della causa a ruolo e giustificando in tal modo la decisione di non comparire alla prima udienza, la cui data era nota.

Ed invero, la consolidata giurisprudenza (Cass. civ. n. 13163/2007) afferma che:

“I vizi della iscrizione a ruolo non determinano alcuna nullità del procedimento e sono in ogni caso sanati per raggiungimento dello scopo dell’atto allorquando le altre parti abbiano comunque avuto la possibilità di attuare le loro difese”.

Nel caso che occupa, semplici informazioni ricevute in Cancelleria, che oltretutto come rileva il convenuto, esporrebbero i funzionari della stessa alla responsabilità penale per avere reso dichiarazioni false, hanno fondato l’autonoma decisione di parte attrice di non presentarsi all’udienza fissata, e neppure informarsi circa l’andamento del processo, o sull’avvenuta cancellazione di esso dal ruolo (come sarebbe avvenuto se davvero la causa non fosse stata iscritta a ruolo né da attore, né da convenuto), per poi lamentare, tardivamente, pretese violazioni del contraddittorio.

Tuttavia, parte appellante non indica, a tal fine, circostanze atte a giustificare una “rimessione in termini”, diverse dagli addebiti mossi ai funzionari della Cancelleria, che avrebbero reso informazioni false sull’iscrizione della causa a ruolo, ma ciò che più conta, neppure indica quali attività, una volta rimessa in termini, le sarebbero state precluse in primo grado, non avendo la stessa indicato alcun mezzo istruttorio la cui mancata ammissione le avrebbe arrecato pregiudizio, ed avendo avuto la stessa, in ogni caso, la possibilità di rassegnare ampie difese nell’atto di appello.

Venendo dunque al merito, l’appello non ha alcun fondamento.

Infatti, se è vero che i provvedimenti giudiziari che, in duplice grado, hanno assegnato la casa familiare alla signora (omissis) ivi convivente con il figlio minore, hanno statuito (in particolare quello reso dalla Corte di Appello) che la fruizione dell’abitazione fosse “gratuita”, è da ritenersi, secondo necessitata interpretazione, che i giudici avessero inteso riferirsi, con quell’inciso, alla ovvia conseguenza giuridica dell’assegnazione, ovvero all’esenzione dell’assegnatario da qualsiasi onere per la disponibilità dell’abitazione. Chiarissima sul punto è Cass. 22/02/2006, n. 3836 secondo la quale:

L’assegnazione della casa coniugale esonera l’assegnatario esclusivamente dal pagamento del canone cui altrimenti sarebbe tenuto, nei confronti del proprietario dell’immobile assegnato, onde, qualora il giudice attribuisca a uno dei coniugi l’abitazione di proprietà, dell’altro, la gratuità di tale assegnazione si riferisce solo all’uso dell’abitazione medesima, ma non si estende alle spese correlate a detto uso (comprese quelle, del genere delle spese condominiali, che riguardano la manutenzione delle cose comuni poste a servizio anche dell’abitazione familiare), onde simili spese, in mancanza di un provvedimento espresso che ne accolli l’onere al coniuge proprietario, sono a carico del coniuge assegnatario.

Nel medesimo senso si è recentemente pronunciato il Tribunale Napoli sez. II, 01/02/2017, n. 1291 a mente del quale:

In tema di separazione personale, qualora il giudice attribuisca ad uno dei coniugi l’abitazione di proprietà dell’altro, la gratuità di tale assegnazione si riferisce solo all’uso dell’abitazione medesima (per la quale non deve versarsi corrispettivo), ma non si estende alle spese correlate a detto uso (ivi comprese quelle per oneri condominiali che riguardano la manutenzione delle cose comuni poste a servizio anche dell’abitazione familiare), onde simili spese – in mancanza di un provvedimento espresso che ne accolli l’onere al coniuge proprietario – vanno legittimamente poste a carico del coniuge assegnatario.

In motivazione, il Tribunale ha chiarito che il provvedimento di assegnazione “esonera l’assegnatario esclusivamente dal pagamento del canone, cui altrimenti sarebbe tenuto nei confronti del proprietario esclusivo (o, “in parte qua”, del comproprietario) dell’immobile assegnato” (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18476 del 19/09/2005, Rv. 582755 – 01)”, sottolineando come “In assenza di una diversa specifica previsione, il provvedimento concerne esclusivamente l’attribuzione del godimento del bene, pertanto “la gratuità (…) si riferisce solo all’uso dell’abitazione medesima (per la quale, appunto non deve versarsi corrispettivo) ma non si estende alle spese correlate a detto uso (ivi comprese quelle, del genere delle spese condominiali, che riguardano la manutenzione delle cose comuni poste a servizio anche dell’abitazione familiare), onde simili spese – in mancanza di un provvedimento espresso che ne accolli l’onere al coniuge proprietario – sono a carico del coniuge assegnatario” (cfr. Cass. Sentenza n. 18476/2005).

Nel caso che occupa, pertanto, non è possibile sostenere che, sol perché i giudici hanno parlato di “fruizione gratuita” e non soltanto di “assegnazione”, in tale espressione dovrebbe leggersi la precisa volontà degli stessi di esonerare l’assegnataria “anche” dal pagamento delle spese condominiali ordinarie.

Al contrario, tale esenzione, non essendo automatico portato dell’assegnazione, e del godimento gratuito che la stessa comporta, avrebbe dovuto essere espressamente specificata.

Del resto, l’omessa menzione e considerazione del carico medio di tali spese, che avrebbe dovuto esser attentamente soppesato ai fini della determinazione del carico economico imposto al proprietario estromesso, conferma la suddetta interpretazione, unica possibile in base al tenore letterale del provvedimento e secondo logica.

Né a miglior sorte può condurre la seconda considerazione o motivo, secondo il quale l’assegnazione riguarda anche in realtà il figlio (omissis) la cui quota di spese dovrebbe essere accollata al padre: invero, unico assegnatario, dal punto di vista giuridico, è il genitore con cui rimane a vivere la prole, per chiara volontà legislativa.

Quanto all’ultimo motivo, di non aver avuto visione dei preventivi e consuntivi, e di non essere stata dunque nella possibilità di contestare l’ammontare delle spese condominiali, è da rilevare che tale facoltà, ai sensi dell’art. 1137 c.c., compete unicamente al proprietario del cespite, e non all’utilizzatore , per diverso titolo, di esso (cfr. Cass. n. 869 del 2012).

L’appello deve esser quindi respinto, condannandosi parte appellante al pagamento delle spese di lite, nonché, ai sensi dell’art. 96 comma III, c.p.c. alla sanzione di euro 500, essendosi proposta e coltivata una domanda palesemente infondata.

Sussistono altresì i requisiti di legge per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone:

Respinge l’appello proposto e, per l’effetto, conferma integralmente la sentenza impugnata n. 1816 del 2019 del Giudice di Pace di Bologna, condannando la parte appellante al pagamento in favore dell’appellato, delle spese di lite del grado, che si liquidano in euro 1.600 per competenze oltre IVA, CPA e spese generali come per legge, oltre alla somma di euro 500 ex art. 96 comma III c.p.c.;

Dichiara la sussistenza dei presupposti, ex art. 13 comma 1 quater TU n. 115/2002, per il raddoppio del contributo unificato.

Sentenza resa ex articolo 281-sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale.

Bologna, 23 gennaio 2020

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