PILLOLE di DIRITTO - Pubblicazioni

Studio Legale Avv. Davide De Matteis

Assegno divorzile di 1.000 euro – sentenza Corte Appello Bologna n. 1450/2023

Indice

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Su ricorso di BO.MA., il Tribunale di Reggio Emilia ha pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, contratto dal predetto BO. e da CO.MI. il 28 settembre 1997, ponendo a carico del primo l’obbligo di versare alla seconda, a titolo di assegno divorzile, la somma mensile di 800,00 Euro, da rivalutarsi annualmente su base Istat. Ha condannato la CO. al rimborso, in favore del BO., delle spese di lite, liquidate in 98,00 Euro per spese vive e in 3.268,00 Euro per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso, iva e cpa come per legge.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto appello CO., affidandolo ai seguenti tre motivi:

  • I. erroneità della misura dell’assegno divorzile e prova del mutamento in melius delle condizioni patrimoniali di BO.MA.;
  • II. erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non si era tenuto conto del contributo di essa appellante nella formazione del patrimonio del BO.;
  • III. erroneità della pronuncia di condanna di essa appellante al rimborso delle spese processuali in favore dell’appellato.
  • Si è costituito in giudizio BO.MA. e ha resistito all’impugnazione, invocandone il rigetto. Il PROCURATORE GENERALE, intervenuto in causa, ha chiesto il rigetto della impugnazione. La causa è stata trattata con rito camerale e trattenuta in decisione all’udienza del 28 aprile 2023.

3. Venendosi al merito della controversia, rileva la Corte che i primi due motivi dell’appello di CO.MI. possono essere trattati congiuntamente, mirando l’appellante a censurare la sentenza impugnata in punto a quantificazione dell’assegno divorzile, ritenuto erroneamente determinato in 800,00 Euro mensili piuttosto che in 1.300,00 Euro o, quantomeno, in 1.000,00 Euro.

Tali motivi sono fondati nei limiti che verranno appresso enunciati.

Appare opportuno richiamare, in via preliminare, l’attuale orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia di riconoscimento dell’assegno divorzile e di determinazione della sua entità (vedi Cass. Civ. Sez. Unite 11 luglio 2018 n. 18287), che si pone in forte discontinuità con i precedenti indirizzi della Suprema Corte e, in particolare, con quello espresso dalla sentenza n. 11504/2017. Con la sentenza sopra citata, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno affermato il principio secondo cui, ai sensi dell’art. 5 comma 6 della Legge n. 898 del 1970, dopo le modifiche introdotte dalla Legge n. 74 del 1987, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari tempo compensativa e perequativa, oltre che risarcitoria, richiede l’accertamento della inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma citata, i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico – patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto. La Suprema Corte ha, in particolare, sottolineato “l’adeguatezza dei mezzi deve, pertanto, essere valutata, non solo in relazione alla loro mancanza o insufficienza oggettiva ma anche in relazione a quel che si è contribuito a realizzare in funzione della vita familiare e che, sciolto il vincolo, produrrebbe effetti vantaggiosi unilateralmente per una sola parte. Il superamento della distinzione tra criterio attributivo e criteri determinativi dell’assegno di divorzio non determina, infine, un incremento ingiustificato della discrezionalità del giudice di merito, perché tale superamento non comporta la facoltà di fondare il riconoscimento del diritto soltanto su uno degli indicatori contenuti nell’incipit dell’art. 5, comma 6, essendone necessaria una valutazione integrata, incentrata sull’aspetto perequativo-compensativo, fondata sulla comparazione effettiva delle condizioni economico-patrimoniali alla luce delle cause che hanno determinato la situazione attuale di disparità. Inoltre è necessario procedere ad un accertamento probatorio rigoroso del rilievo causale degli indicatori sopraindicati sulla sperequazione determinatasi, e, infine, la funzione equilibratrice dell’assegno, deve ribadirsi, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale ma soltanto al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla realizzazione della situazione comparativa attuale. In conclusione, alla pluralità di modelli familiari consegue una molteplicità di situazioni personali conseguenti allo scioglimento del vincolo. Il criterio individuato proprio per la sua natura composita ha l’elasticità necessaria per adeguarsi alle fattispecie concrete perché, a differenza di quelli che si sono in precedenza esaminati, non ha quelle caratteristiche di generalità ed astrattezza variamente criticate in dottrina”.

4. Ciò premesso, va rilevato che il Giudice di prime cure, a sostegno della decisione adottata in punto ad assegno divorzile, ha evidenziato:

  • – che non era stato provato un mutamento delle condizioni patrimoniali delle parti rispetto a quelle esistenti al momento della separazione dei coniugi e, quindi, della determinazione dell’assegno di mantenimento in 800,00 euro mensili;
  • – che, quindi, l’assegno divorzile non poteva essere determinato in misura superiore a quella di detto assegno di mantenimento, come sottolineato dalla Suprema Corte (Cass. 5605/2020 e 17098/2019), essendo l’assegno da ultimo menzionato correlato al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio;
  • – che, nelle pronunce giudiziali intervenute nel giudizio di separazione (sentenza del Tribunale di Reggio Emilia n. 598/2017, confermata dalla sentenza di questa Corte n. 2275/2018), risultava, infatti, accertato che il BO. fosse contitolare di un’azienda familiare e di un cospicuo patrimonio immobiliare e che la CO. non avesse altre fonti di reddito all’infuori dell’assegno di mantenimento, non avendo maturato, come ancora adesso, un trattamento pensionistico ed avesse un’età ostativa all’ingresso nel mondo del lavoro;
  • – che la CO. non aveva dimostrato e, prima ancora allegato, fatti e circostanze che potessero consentire al Collegio di valutare il suo ruolo e il contributo fornito all’ex coniuge nella formazione del pur cospicuo patrimonio personale, avendo insistito soltanto nella funzione assistenziale, alla quale avrebbe dovuto assolvere, nella specie, l’assegno divorzile.

5. Ritiene la Corte che il ragionamento del Giudice di prime cure sia solo parzialmente condivisibile. Nella specie, non vi è dubbio, infatti, che l’assegno divorzile, in assenza di prova del contributo della CO. alla formazione del patrimonio del BO., possa avere esclusivamente una funzione assistenziale, essendo l’appellante priva di redditi, posto che non risulta che la stessa abbia, al momento, maturato il diritto ad un trattamento pensionistico.

Può presumersi, però, che l’ammontare dei risparmi dell’appellato abbia subito un significativo incremento rispetto al periodo della separazione, posto che, nella sentenza di separazione, si fa riferimento esclusivamente ad un cospicuo patrimonio immobiliare del BO. ed alla contitolarità, in capo a quest’ultimo, di un’azienda familiari e che l’appellato ha ammesso, in sede di comparizione dinanzi al Presidente del Tribunale di Reggio Emilia, nel procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio, definito con la sentenza impugnata, di avere risparmi per circa 300.000,00 euro, vale a dire circostanza non emergente dai provvedimenti che hanno definito il giudizio di separazione personale dei coniugi. D’altra parte, avendo il BO., sempre in sede di comparizione dinanzi al Presidente del Tribunale di Reggio Emilia, sempre nel giudizio definito con la sentenza in questa sede impugnata, ammesso di percepire canoni di locazione in relazione ad otto immobili dei quali era comproprietario, risulta del tutto verosimile che i suoi risparmi abbiano registrato un considerevole incremento rispetto all’epoca della separazione(dalle dichiarazioni dei redditi degli esercizi 2017 e 2016 emerge un numero inferiore di contratti di locazione rispetto a quello dichiarato nel procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio).

Per cui, avuto riguardo alla totale assenza di redditi di CO., che ha sessantacinque anni compiuti e non può, quindi, più inserirsi nel mondo del lavoro, alla situazione patrimoniale di BO.MA. (proprietario di numerosi immobili, contitolare di azienda familiare e titolare di cospicui risparmi), alla durata del matrimonio (17 anni), nonché alla titolarità di diritto di abitazione della appellante su immobile di proprietà dell’appellato, appare equo determinare l’assegno divorzile in 1.000,00 Euro mensili, somma annualmente rivalutabile secondo gli indici Istat. Preme solo sottolineare che la documentazione medica prodotta da BO. non è idonea a provare una inabilità, sia pure parziale, dell’appellato, che ha compiuto 57 anni, all’attività lavorativa svolta.

6. In parziale riforma della impugnata sentenza, l’assegno divorzile, in favore di CO., può essere, pertanto, determinato nell’importo di 1.000,00 Euro mensili, somma annualmente rivalutabile secondo gli indici Istat.

7. Non vi è necessità di esaminare il terzo motivo dell’appello di CO. in quanto il parziale accoglimento della impugnazione di quest’ultima impone alla Corte di provvedere di ufficio sulle spese di entrambi i gradi sulla base dell’esito globale della lite.

La reciproca soccombenza delle parti (l’assegno divorzile è stato determinato in misura superiore a quella indicata da BO. ed è stata accolta solo la richiesta avanzata in via subordinata dall’appellante) induce all’integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi.

8. In assenza di specifica istanza, non può essere liquidato il compenso spettante al difensore di CO., ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando, ogni contraria e diversa istanza disattesa:

I. In parziale accoglimento dell’appello di CO. e in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia n. 953/2021 del 22-23 luglio 2021, pone a carico di BO. l’obbligo di versare a CO., a titolo di assegno divorzile, entro il giorno 5 di ogni mese, la somma di 1.000,00 euro, annualmente rivalutabile secondo gli indici Istat;

II. Ferma nel resto l’impugnata sentenza, dichiara interamente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi.

Così deciso in Bologna il 28 aprile 2023.

Depositata in Cancelleria il 3 luglio 2023.

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