FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato in data 21.06.2016, P.M.C. chiedeva all’intestato Tribunale di pronunciare la separazione personale dal coniuge F.I., unione celebrata a Bologna in data .. e dalla quale non erano nati figli. La ricorrente dava atto della disgregazione del rapporto coniugale e della intollerabilità della convivenza, svolgendo domanda di addebito nei confronti del marito.
Si costituiva F.I., che aderiva alla domanda di separazione chiedendo, però, il rigetto della domanda di addebito a suo carico; in via istruttoria, chiedeva al giudice di ordinare ex art. 210 c.p.c. la produzione dei documenti relativi ai redditi dell’ultimo triennio.
Con ordinanza del 24.04.2018, resa all’esito dell’udienza presidenziale, il Presidente delegato, dato atto del fallimento del tentativo di riconciliazione dei coniugi, assumeva i provvedimenti provvisori ed urgenti di propria competenza, nominando il Giudice Istruttore per la prosecuzione della causa nel merito.
All’udienza del 15.11.2018, i difensori delle parti precisavano le conclusioni sul vincolo sulle quali, intervenuto il PM, si pronunciava il Collegio con sentenza parziale n. 1721 del 24.07.2019 .
La causa veniva, quindi, rimessa sul ruolo per la prosecuzione del giudizio sulle questioni accessorie.
All’esito della fase istruttoria, esclusivamente documentale, all’udienza del 20.05.2021, le parti precisavano le conclusioni e la causa era, quindi, rimessa al Collegio per la decisione; decorsi i termini ex art. 190 c.p.c., veniva discussa nella camera di consiglio del 20.10.2021
MOTIVI
Preliminarmente, occorre dare atto del fatto che i coniugi P.M.C. e F.I. sono già separati per effetto della sentenza parziale n. 1721 resa da questo Tribunale in data 24.07.2019, passata in giudicato.
Rilevato che entrambe le parti non pongono domande relative alle determinazioni economiche e data l’assenza di figli, l’unica domanda accessoria da esaminare è relativa all’addebito della separazione.
Ritiene il Tribunale che la domanda di addebito formulata dalla ricorrente è ammissibile ma infondata, e pertanto deve essere rigettata.
Esaminando nel merito la domanda di addebito, infatti, si rileva anzitutto che la giurisprudenza è costante nell’affermare che “La dichiarazione di addebito della separazione implica la imputabilità al coniuge del comportamento, volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri del matrimonio, cui sia ricollegabile l’irreversibile crisi del rapporto fra coniugi” (Cass. n. 25843/213), ovvero “che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità della ulteriore convivenza” (Cass. n. 14840/2006).
La giurisprudenza è costante nell’affermare che “la dichiarazione di addebito della separazione implica la sussistenza di un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza. Pertanto, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunziata la separazione senza addebito” (Cass. n. 12383/2005; Cass. n. 14840/2006; conf. Cass. n. 18074/2014, secondo cui “In tema di separazione personale, la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri posta dall’art. 143 cod. civ. a carico dei coniugi, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione, lungi dall’essere intervenuta quando era già maturata ed in conseguenza di una situazione di intollerabilità della convivenza, abbia, viceversa, assunto efficacia causale nel determinarsi della crisi del rapporto coniugale. L’apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di una motivazione congrua e logica”).
Tale principio ha trovato nuova conferma da parte della Corte di legittimità, che ha chiarito che “la dichiarazione di addebito della separazione richiede la prova che l’irreversibilità della crisi coniugale sia collegabile alla violazione dei doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, sussistendo un nesso di causalità fra di esso e il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza” (Cass., ordinanza n. 10483/12).
Pertanto, nel valutare l’addebitabilità della separazione, il giudice dovrà tener conto dell’efficienza causale del comportamento oggetto di giudizio, escludendola nell’ipotesi in cui la violazione dell’obbligo coniugale sia conseguenza di una preesistente situazione di intollerabilità.
Occorre rilevare che, ai sensi dell’art. 151 co. II c.c., il giudice pronunziando la separazione dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio. Come noto, la pronuncia di addebito non può, tuttavia, fondarsi sulla mera violazione degli obblighi coniugali, essendo altresì necessario accertare che tale violazione sia stata eziologicamente idonea a determinare il fallimento della convivenza e del rapporto coniugale (tra le altre, si v.: Cass, civ., n. 8862/2012).
Ebbene nel caso di specie, nel ricorso introduttivo P.M.C. attribuiva il deterioramento dell’unione affettiva tra i coniugi alle condotte lesive di violenza fisica e psicologica perpetrate a suo danno da F.I.. La ricorrente produceva, pertanto, in giudizio due referti di Pronto Soccorso emessi rispettivamente in data 26.07.2014 e in data 11.07.2015 (Doc. 2 in ricorso) e un documento di informativa relativa a Centri di violenza presenti in città (Doc. 7 in ricorso).
Tali documenti, tuttavia, non si ritengono sufficienti a provare la sussistenza di condotte violente ed aggressive da parte di F.I.. Dal primo referto del Pronto Soccorso emerge una diagnosi di “bruciore toracico”, nonché una richiesta di dimissioni da parte della ricorrente con rifiuto di sottoporsi agli accertamenti; dal secondo referto emerge un trauma cranico policontusivo, ma contestuale negazione da parte del personale sanitario di trasmissione del referto all’autorità giudiziaria.
Dai documenti prodotti, pertanto, non è possibile desumere una condotta violenta del marito nei confronti della moglie né, con elevato grado di probabilità, l’esistenza del nesso causale tra le lesioni fisiche riportate da P.M.C. e la condotta del resistente.
La mancanza della prova, anche per via testimoniale, del suddetto nesso causale, determinata dalla evidente carenza probatoria da parte della ricorrente, impedisce di addebitare la separazione ad F.I..
Sulle spese di lite
Le spese di lite sono regolate dal principio generale della soccombenza e sono quindi poste a carico di P.M.C. e sono da versare in favore dello Stato essendo stato ammesso F.I. al gratuito patrocinio.
La relativa liquidazione è fatta in dispositivo sulla base del valore effettivo della causa con applicazione dei nuovi parametri di cui al D.M. n. 55/2014 attualmente in vigore (cfr., sul punto, Cass. S.U. n. 17405/12; conf. Cass. 23318/2012, nonché, da ultimo, Cass. ord. sez. 6-3 n. 13628/2015), tenuto conto della natura e del pregio dell’attività difensiva svolta, nonché della notula depositata in atti.
Per la manifesta infondatezza della domanda di addebito, il gratuito patrocinio in favore di P.M.C. è revocato ex art. 136 dpr 30.3.2002 n.115 dalla fase successiva alla sentenza parziale di separazione.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, in contraddittorio delle parti:
1. Rigetta la domanda di addebito;
2. Condanna P.M.C. a corrispondere in favore dello Stato le spese legali nella misura di euro 3500,00 oltre rimborso forfettario, Iva e Cpa come per legge.
Così deciso in Bologna nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile in data 20.10.2021 .