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PILLOLE di DIRITTO - Pubblicazioni

Studio Legale Avv. Davide De Matteis

Riconoscimento Assegno Divorzile e Presunzioni Giuridiche

Indice

Riconoscimento dell’assegno divorzile basato su presunzioni fondate su fatti storici

Il riconoscimento dell’assegno divorzile può essere fondato su presunzioni, a patto che queste si basino su fatti storici chiari e non contestati. Questo significa che, anche in assenza di prove dirette, le presunzioni possono essere utilizzate per sostenere il diritto del coniuge economicamente più debole a ricevere l’assegno. Un esempio comune è il contributo prevalente alla gestione della famiglia e alla cura dei figli da parte di uno dei coniugi, in combinazione con una significativa disparità economico-patrimoniale tra le parti.

Secondo la Corte di Cassazione, tale presunzione deve fondarsi su elementi oggettivi e verificabili, come la durata del matrimonio, il ruolo svolto nella gestione della casa e la cura dei figli. La giurisprudenza italiana ha sviluppato un approccio che attribuisce grande importanza all’impegno domestico, riconoscendo che esso contribuisce indirettamente alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge. Questo principio, che deriva dal combinato disposto dell’art. 5 della legge n. 898/1970, rafforza il concetto di solidarietà coniugale anche dopo la fine del matrimonio.

Il caso in esame

La vicenda analizzata dalla Corte di Cassazione ha origine da un giudizio di divorzio, dove il marito ha richiesto la cessazione degli effetti civili del matrimonio. La moglie, pur accettando la richiesta di divorzio, ha avanzato delle pretese economiche, tra cui l’aumento dell’assegno di mantenimento per il figlio e un assegno divorzile in misura superiore a quello che già riceveva.

Il Tribunale, basandosi su una valutazione accurata delle condizioni economiche delle parti, ha riconosciuto l’assegno divorzile alla moglie. Ha infatti ritenuto che vi fosse una significativa sproporzione economica tra i coniugi e che la moglie avesse rinunciato a opportunità lavorative per dedicarsi alla famiglia, consentendo al marito di focalizzarsi sulla propria carriera. Il Tribunale ha applicato il principio della funzione perequativa-compensativa, riconosciuto dall’art. 5 della legge n. 898/1970, secondo cui l’assegno divorzile ha non solo una funzione assistenziale, ma anche di compensazione per il contributo alla vita familiare.

Appello e cassazione

Successivamente, il marito ha presentato appello chiedendo la revoca dell’assegno divorzile e la modifica delle condizioni di affidamento e mantenimento del figlio. La Corte d’Appello ha tuttavia rigettato il ricorso, confermando che vi era una sostanziale disparità economica tra le parti. Ha inoltre evidenziato che la moglie, a causa dell’età e del tempo trascorso lontano dal mondo lavorativo, avrebbe avuto difficoltà a reintegrarsi nel mercato del lavoro. Sebbene la moglie fosse supportata da colf e baby-sitter, la Corte d’Appello ha riconosciuto che il marito aveva potuto dedicarsi in modo quasi esclusivo al lavoro grazie al contributo della moglie nella gestione della famiglia.

Non soddisfatto della decisione, il marito ha fatto ricorso per Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse riconosciuto l’assegno divorzile in mancanza di prove concrete. Tuttavia, la Suprema Corte ha confermato la decisione della Corte d’Appello, ribadendo che le presunzioni giuridiche fondate su fatti storici non contestati, come il contributo della moglie alla vita familiare, erano sufficienti per giustificare l’assegno.

Soluzioni giuridiche e giurisprudenza

La Corte di Cassazione ha chiarito che l’assegno divorzile non ha solo una funzione assistenziale, ma anche una funzione compensativa e perequativa. Questo significa che, oltre a garantire il sostentamento del coniuge economicamente più debole, l’assegno divorzile serve a compensare eventuali sacrifici personali e professionali fatti durante il matrimonio a beneficio della famiglia. Secondo l’art. 5 della legge n. 898/1970, l’assegno deve essere concesso in caso di rilevante disparità economica tra i coniugi, anche in assenza di un accordo esplicito sulle rinunce professionali.

La Corte di Cassazione ha inoltre sottolineato che l’assegno può essere concesso anche se non vi è stata una rinuncia volontaria e condivisa alle opportunità lavorative, a patto che vi sia stato un contributo significativo del coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio familiare. Questo include il risparmio di spese grazie alla cura familiare e alla gestione domestica. È importante ricordare che il riconoscimento dell’assegno non è automatico, ma deve essere sostenuto da una valutazione completa delle circostanze economiche e personali delle parti.

Osservazioni

Questa sentenza segna un’evoluzione importante nella giurisprudenza italiana, enfatizzando il ruolo delle presunzioni nel riconoscimento dell’assegno divorzile. Le presunzioni legali, se fondate su elementi oggettivi come la cura dei figli e la gestione della casa, possono costituire prova sufficiente per giustificare l’assegno. La Corte ha ribadito l’importanza di considerare il ruolo domestico nella formazione del patrimonio familiare, specialmente quando questo ha permesso all’altro coniuge di dedicarsi completamente alla carriera.

La sentenza n. 22942 del 2024 della Corte di Cassazione rappresenta un passo avanti verso una maggiore tutela dei diritti del coniuge economicamente più debole, riconoscendo il valore del lavoro non retribuito svolto all’interno della famiglia. Questo principio è conforme all’orientamento espresso in altre pronunce recenti della giurisprudenza italiana, come la sentenza Cass. n. 18287/2018, che ha ribadito il ruolo centrale della funzione perequativa-compensativa dell’assegno divorzile.

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