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Studio Legale Avv. Davide De Matteis

Diritto alla bigenitorialità: sospesi incontri col padre in caso di rifiuto consapevole

Indice

Il Rifiuto Consapevole del Minore Verso il Genitore Non Affidatario: Soluzioni Giuridiche

Quando un minore, in età adolescenziale e con piena autonomia di giudizio, manifesta sentimenti di avversione o ripulsa nei confronti di uno dei genitori, questi possono essere talmente radicati da giustificare la sospensione degli incontri tra il minore stesso e il genitore non affidatario. Questo principio trova fondamento nelle più recenti pronunce della Corte di Cassazione italiana, nonché in importanti fonti normative internazionali come la Convenzione di New York del 1989. In questo articolo esploriamo i dettagli di un caso esemplare e le implicazioni giuridiche di tali situazioni, approfondendo gli aspetti più rilevanti per il diritto di famiglia italiano e il diritto internazionale.

Il Caso: Sospensione degli Incontri tra Minore e Genitore Non Affidatario

Nel caso specifico trattato dalla Corte d’Appello di Torino, adita a seguito di un precedente rinvio della Corte di Cassazione, il giudice ha ritenuto necessario sospendere gli incontri tra una minore e il padre a causa del rifiuto della ragazza di proseguire la relazione con il genitore. La decisione è stata presa in conformità con le relazioni dei Servizi Sociali e del Servizio di Neuropsichiatria Infantile, che hanno evidenziato il disagio emotivo della ragazza e l’impatto negativo che gli incontri col padre avrebbero avuto sulla sua salute psicofisica. È interessante notare che la Corte ha attribuito agli zii materni la piena responsabilità genitoriale, compresi gli aspetti più delicati come l’educazione, la salute e la residenza abituale della minore, fino al compimento del 18° anno di età.

Questo caso evidenzia l’importanza di considerare non solo il diritto del genitore a mantenere una relazione con il figlio, ma soprattutto il miglior interesse del minore, come sancito dall’art. 3 della Convenzione ONU sui Diritti del Fanciullo. Il principio cardine, qui, è che il benessere psicologico del minore debba prevalere su qualsiasi altro diritto, anche quello alla bigenitorialità, che in situazioni di disagio può essere limitato o sospeso completamente.

La Questione: Il Diritto alla Bigenitorialità in Accezione Negativa

Il quesito giuridico posto in questo caso riguarda la possibilità che il minore possa esercitare il suo diritto alla bigenitorialità in maniera “negativa”, cioè scegliendo consapevolmente di non mantenere un rapporto continuativo con uno dei genitori. La Corte di Cassazione, con una serie di pronunce recenti, ha chiarito che il diritto del figlio a non vedere il genitore, qualora vi sia un rifiuto consapevole e radicato, debba essere rispettato. Questo principio si fonda non solo sulla normativa nazionale, ma anche su fonti sovranazionali come l’art. 12 della Convenzione di New York, che tutela il diritto del minore a esprimere la propria opinione su questioni che lo riguardano.

In tal senso, il rifiuto di un adolescente di proseguire la relazione con il genitore non affidatario, qualora sia espressione di un disagio profondo e autonomamente maturato, non può essere ignorato. L’art. 315-bis del Codice Civile italiano, così come le modifiche introdotte dalla riforma Cartabia, sottolineano come il diritto all’ascolto del minore rappresenti un elemento imprescindibile in ogni decisione giudiziaria che lo riguardi.

La Soluzione Giuridica: Prevalenza del Benessere del Minore

In una sentenza storica (Cass. civ. 317/1998), la Corte di Cassazione ha affermato che qualora un minore esprima un rifiuto radicato e consapevole nei confronti del genitore non affidatario, nonostante il supporto di strutture sociali e psicopedagogiche, tale rifiuto deve essere considerato dirimente. L’interruzione dei rapporti può essere giustificata anche senza che sia necessario attribuire responsabilità dirette ai genitori. Questo principio è stato ulteriormente confermato dalla recente pronuncia Cass. civ. 22 marzo 2022, n. 9691, che ha ribadito come il diritto del genitore a frequentare il figlio sia subordinato al miglior interesse del minore.

La normativa italiana, in particolare l’art. 337-ter c.c., richiede che in ogni decisione riguardante i minori si tenga prioritariamente conto del loro interesse. Ciò include la possibilità di sospendere o limitare gli incontri con il genitore, qualora questi non corrispondano al benessere del figlio. L’ordinanza in questione ha dunque confermato l’importanza di dare priorità alle esigenze psicologiche del minore, evitando che questi incontri forzati possano causare ulteriori traumi o disagio.

Il Ruolo della Giurisprudenza Europea

Anche la giurisprudenza europea ha affrontato il tema della bigenitorialità in modo approfondito. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), nella sentenza Improta vs. Italia, ha stabilito che il diritto alla vita familiare non è assoluto e può essere limitato qualora la relazione tra genitori e figli sia gravemente compromessa, come nel caso di un rifiuto consapevole da parte del minore. Questo principio è stato ribadito anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha più volte sancito come il diritto del genitore debba sempre essere subordinato al benessere del minore, in conformità con l’art. 24 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

Conclusioni e Osservazioni

Il diritto alla bigenitorialità non è assoluto. Come emerge dalle più recenti pronunce della Corte di Cassazione e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il rifiuto consapevole di un minore nei confronti di un genitore non affidatario può legittimamente portare alla sospensione degli incontri, qualora sia evidente che tali relazioni possano causare disagio psicologico al figlio. In queste circostanze, il principio del superiore interesse del minore diventa il criterio guida che i giudici devono seguire, anche a costo di sacrificare temporaneamente o definitivamente il diritto di visita del genitore.

Il tema resta delicato, soprattutto per quanto riguarda la valutazione della volontà del minore e l’eventuale manipolazione da parte di uno dei genitori. Tuttavia, come sottolineato anche dalla riforma Cartabia, il diritto all’ascolto del minore rappresenta un principio fondamentale del processo familiare, destinato a garantire una tutela piena e incondizionata delle sue esigenze e del suo benessere.

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