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PILLOLE di DIRITTO - Pubblicazioni

Studio Legale Avv. Davide De Matteis

Convivenza Prematrimoniale e Pensione di Reversibilità: Riparto tra Coniuge Divorziato e Superstite

Indice

Convivenza Prematrimoniale e Trattamento Previdenziale tra Coniuge Divorziato e Superstite

La questione della pensione di reversibilità in caso di concorso tra un coniuge divorziato e un coniuge superstite rappresenta uno dei temi più complessi e dibattuti nel diritto di famiglia. La recente giurisprudenza ha aperto nuove prospettive, attribuendo alla convivenza prematrimoniale un ruolo di crescente importanza nella ripartizione del trattamento previdenziale. 

In particolare, l’ordinanza in esame approfondisce come la durata della convivenza more uxorio incida sul riparto delle quote della pensione di reversibilità, offrendo nuovi strumenti di interpretazione per i giudici. In questo articolo esploreremo il caso in dettaglio, analizzando la normativa di riferimento e i criteri giurisprudenziali rilevanti.

Pensione di Reversibilità: Normativa e Giurisprudenza

La pensione di reversibilità è regolata dall’art. 9 della legge n. 898/1970, che disciplina lo scioglimento del matrimonio. Il comma 2 prevede che, in caso di morte dell’ex coniuge, se non vi è un coniuge superstite avente diritto alla pensione, il coniuge divorziato che riceve un assegno divorzile ha diritto a una quota della pensione di reversibilità. Quando invece esiste un coniuge superstite, la pensione deve essere ripartita tra i due, considerando la durata del matrimonio. 

Tuttavia, la giurisprudenza recente, come confermato dalla Cassazione civile (Cass. civ., sez. lav., ord., 28 aprile 2020, n. 8263), ha riconosciuto che il criterio temporale non è l’unico elemento da considerare. Altri fattori, tra cui la durata della convivenza prematrimoniale e la situazione economica di ciascun coniuge, devono essere presi in esame per garantire la giustizia sostanziale del riparto.

Il Valore della Convivenza Prematrimoniale nella Ripartizione del Trattamento

Un aspetto fondamentale della sentenza in esame è il riconoscimento del rilievo giuridico autonomo della convivenza more uxorio. In passato, la durata del matrimonio rappresentava l’unico parametro di riferimento per la determinazione della quota di pensione spettante al coniuge divorziato o superstite. 

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha recentemente aperto a una valutazione più ampia, che considera anche il periodo di convivenza che precede il matrimonio. Questo cambio di prospettiva riflette un’evoluzione del diritto di famiglia verso un’interpretazione più inclusiva delle relazioni affettive, riconoscendo che la convivenza, pur non formalizzata nel matrimonio, può generare diritti patrimoniali e previdenziali.

Esempi Giurisprudenziali

Un esempio illuminante di questa evoluzione è la sentenza Cass. civ., sez. III, ord., 28 marzo 2023, n. 8801, che ha riconosciuto al convivente more uxorio il diritto al risarcimento del danno per la perdita del partner, equiparandolo al coniuge in termini di stabilità e mutua assistenza. In un altro caso, Cass. civ., sez. III, sent., 27 aprile 2017, n. 10377, è stato stabilito che il convivente non proprietario ha un diritto di detenzione qualificata sull’abitazione comune, opponibile anche ai terzi. Questi esempi dimostrano come la giurisprudenza stia progressivamente allargando la sfera di protezione giuridica per le unioni di fatto, riconoscendo loro una dignità paragonabile a quella delle unioni matrimoniali.

La Ripartizione della Pensione tra Coniuge Divorziato e Coniuge Superstite: Criteri di Valutazione e Finalità Solidaristiche

La ripartizione della pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite deve essere effettuata tenendo conto non solo della durata dei rispettivi matrimoni, ma anche di altri elementi legati alla funzione solidaristica della pensione stessa. Come precisato dalla Cassazione (Cass. civ., sez. VI – 1, ord., 26 febbraio 2020, n. 5268), l’ammontare dell’assegno divorzile non costituisce un limite legale alla quota di pensione attribuibile all’ex coniuge. 

Questo principio è cruciale per evitare disparità di trattamento tra coniugi e garantire una distribuzione equa delle risorse, basata su un’analisi più ampia e dettagliata delle condizioni economiche e sociali delle parti coinvolte.

Criteri per la Ripartizione

Oltre alla durata dei matrimoni, il giudice può considerare elementi quali la stabilità e l’effettività della comunione di vita prematrimoniale, le condizioni economiche di ciascun coniuge e l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto. 

La sentenza in commento attribuisce un peso significativo alla durata della convivenza prematrimoniale tra il defunto e il coniuge superstite, riconoscendo che essa contribuisce a creare una continuità affettiva e patrimoniale che non può essere ignorata nella ripartizione del trattamento previdenziale.

In linea con quanto espresso dalla Cassazione in altre pronunce, la convivenza prematrimoniale viene sempre più spesso considerata come un elemento determinante nella ripartizione della pensione. Per esempio, la sentenza Cass. civ., sez. un., 18 dicembre 2023, n. 35385, ha stabilito che, ai fini della quantificazione dell’assegno divorzile, il periodo di convivenza prematrimoniale deve essere computato se la relazione è caratterizzata da stabilità e continuità.

Questo principio può essere applicato anche alla pensione di reversibilità, rendendo la valutazione della convivenza un criterio chiave per la determinazione delle quote spettanti.

Conclusioni: Nuovi Orizzonti per il Diritto di Famiglia e il Trattamento Previdenziale

In conclusione, la rilevanza della convivenza prematrimoniale nella ripartizione della pensione di reversibilità segna un’importante evoluzione nel diritto di famiglia. La giurisprudenza, riconoscendo il valore autonomo della convivenza more uxorio, allarga la tutela dei diritti patrimoniali anche ai conviventi, creando un quadro più giusto ed equo per il riparto delle risorse. 

Questa tendenza riflette un cambiamento culturale e giuridico che riconosce la varietà delle forme di unione e la necessità di adattare gli strumenti giuridici a una società in costante evoluzione. 

Il criterio della durata del matrimonio, sebbene ancora centrale, deve quindi essere integrato con una valutazione complessiva della relazione affettiva e patrimoniale tra i coniugi, sia durante che prima del matrimonio.

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