PILLOLE di DIRITTO - Pubblicazioni

Studio Legale Avv. Davide De Matteis

Quando spetta l’assegno di mantenimento

Indice

L’assegno di mantenimento è uno degli argomenti più rilevanti e discussi in caso di separazione o divorzio. Spesso ci si chiede chi ne ha diritto, come viene calcolato e quali sono le condizioni che possono portare alla sua modifica o cessazione.

In questo articolo, analizzeremo dettagliatamente i casi in cui l’assegno di mantenimento spetta, sia per il coniuge che per i figli, e come viene determinato secondo la legge italiana.

Quando la moglie non ha diritto al mantenimento

L’assegno di mantenimento non è automatico per tutti i coniugi, e la moglie (o il marito, come vedremo più avanti) potrebbe non avere diritto a riceverlo in alcune circostanze specifiche:

  • Autosufficienza economica: se la moglie è economicamente autosufficiente e riesce a mantenere un tenore di vita simile a quello avuto durante il matrimonio, non avrà diritto all’assegno.
  • Addebito nella separazione: se la separazione è stata causata da comportamenti lesivi o gravi da parte della moglie, come infedeltà o violenza psicologica, il giudice potrebbe decidere di non accordare l’assegno di mantenimento.
  • Durata breve del matrimonio: in alcuni casi, soprattutto quando il matrimonio è stato di breve durata, la richiesta di assegno di mantenimento può essere negata se il coniuge richiedente ha mantenuto un grado di indipendenza economica durante il periodo matrimoniale.

Appare importante ricordare la sentenza della Corte di Cassazione (sent. n. 11504/2017) che ha espressamente ribadito che il principio di autosufficienza prevale sul diritto a mantenere il tenore di vita matrimoniale.

Quando un genitore può smettere di dare il mantenimento

In primo luogo è importante evidenziare che il mantenimento per la moglie deve tenersi distinto dal mantenimento per i figli, il quale è finalizzato al sostentamento della prole e a tutela della stessa.

Si comprende pertanto che il mantenimento per i figli è un obbligo che persiste fino al raggiungimento dell’indipendenza economica. Tuttavia, ci sono situazioni in cui un genitore può smettere di pagare l’assegno di mantenimento:

  • Figli autosufficienti: come detto se il figlio ha trovato un lavoro stabile che è in grado di garantirgli un reddito sufficiente, il genitore può chiedere la cessazione dell’obbligo.
  • Comportamento irresponsabile del figlio: Se il figlio non si impegna nello studio o nel cercare un lavoro, il genitore potrebbe ottenere la revoca dell’obbligo di mantenimento. Questo principio è stato ribadito in numerose sentenze, tra cui la Cassazione n. 17183/2020.
  • Accordi tra le parti: In alcuni casi, l’obbligo di mantenimento può cessare a seguito di un accordo tra le parti, ma sempre validato dal giudice.

Il mantenimento per i figli rappresenta un obbligo importante, volto a garantire il benessere e l’educazione del minore fino al raggiungimento dell’autosufficienza economica.

La Cassazione ha più volte sottolineato che l’obbligo di mantenimento da parte del genitore non è illimitato nel tempo e può cessare quando il figlio diventa economicamente indipendente.

Questo principio è stato ribadito in numerose sentenze che hanno contribuito a delineare meglio i confini dell’obbligo di mantenimento:

  • Sentenza Cassazione n. 17183/2020: Questa importante sentenza ha stabilito che l’obbligo di mantenimento cessa non appena il figlio riesce a raggiungere una condizione di autosufficienza economica. Il caso riguardava un padre che aveva chiesto la revoca del mantenimento per il figlio di 25 anni che, pur avendo trovato un lavoro temporaneo, non dimostrava un reale impegno nel cercare un’occupazione stabile. La Corte ha ritenuto che, seppur precario, il lavoro svolto dal figlio era sufficiente a garantirgli un reddito minimo, tale da non giustificare ulteriormente l’obbligo di mantenimento.

La Cassazione scrive:

“L’obbligo di mantenimento non può prolungarsi indefinitamente nel tempo qualora il figlio, pur avendo raggiunto la maggiore età, non si adoperi in modo attivo per raggiungere l’autosufficienza economica, mantenendo un atteggiamento di inerzia nella ricerca di una stabile occupazione.”

  • Sentenza Cassazione n. 1858/2021: In un altro caso, la Corte di Cassazione ha stabilito che il mantenimento non è dovuto se il figlio, anche maggiorenne, non dimostra un serio impegno nello studio o nella ricerca di un lavoro. Il caso coinvolgeva un genitore che aveva chiesto la cessazione dell’obbligo di mantenimento per il figlio di 27 anni, il quale, pur avendo la possibilità di accedere al mercato del lavoro, continuava a dipendere economicamente dai genitori senza cercare un’occupazione adeguata. La Corte ha deciso in favore del genitore, ribadendo che l’obbligo di mantenimento non può essere perpetuato in situazioni di inadempimento da parte del figlio.

Estratto della sentenza:

“Il mantenimento non può essere garantito indefinitamente per figli che, senza giustificazione valida, rimangono inattivi o non si impegnano adeguatamente per inserirsi nel mondo del lavoro. L’onere ricade sul figlio maggiorenne di dimostrare il proprio impegno e le difficoltà oggettive che impediscono l’autosufficienza.”

Mantenimento figlio e Studi universitari

Le recenti difficoltà economiche e il contesto occupazionale, spesso precario per i giovani, sono fattori che i giudici tengono in considerazione quando decidono in merito all’obbligo di mantenimento.

Tuttavia, come sottolineato in diverse sentenze, ciò non esime il figlio dall’obbligo di attivarsi per cercare un lavoro, anche temporaneo o part-time.

In un altro caso di rilievo, la Corte di Cassazione (n. 5088/2018) ha dichiarato che il figlio maggiorenne non può prolungare la propria dipendenza economica dai genitori in modo indefinito, e che l’obbligo di mantenimento può cessare anche quando il figlio decide di perseguire una carriera accademica senza un reale impegno o risultati concreti. La Corte ha rilevato che, pur essendo comprensibile il desiderio di continuare gli studi, ciò non giustifica il mantenimento se non accompagnato da un serio progetto formativo o professionale.

Si legge:

“La semplice iscrizione a un corso universitario o la prosecuzione degli studi non può, di per sé, giustificare l’obbligo di mantenimento, se non accompagnata da un chiaro percorso formativo volto all’inserimento nel mondo del lavoro.”

L’obbligo di mantenimento per i figli, pur essendo fondamentale per il loro sostentamento durante la fase di crescita e formazione, non è illimitato e può cessare in presenza di determinate condizioni.

La giurisprudenza italiana ha chiarito che il raggiungimento dell’autosufficienza economica, l’inerzia del figlio o il mancato impegno negli studi sono fattori che possono portare alla cessazione del mantenimento.

Quanto dura il mantenimento per la ex moglie

La durata del mantenimento per la ex moglie è un tema che spesso genera controversie in sede di separazione o divorzio. La giurisprudenza italiana ha chiarito in diversi casi le circostanze in cui l’assegno di mantenimento può cessare, ridursi o persino essere ricalcolato nel tempo.

La durata di questo obbligo è strettamente legata alla situazione economica della ex moglie e al suo impegno nel raggiungimento dell’autosufficienza economica.

La svolta sull’assegno divorzile: Cassazione n. 11504/2017

Questa sentenza storica ha rappresentato un punto di svolta nella giurisprudenza italiana, rivedendo i criteri per l’assegnazione e la durata dell’assegno divorzile. La Corte di Cassazione ha affermato che l’assegno non deve più garantire il mantenimento dello stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio, ma piuttosto deve essere volto a garantire l’autosufficienza economica del coniuge beneficiario.

In questo modo, il criterio dell’autosufficienza diventa fondamentale nel determinare la durata dell’obbligo di mantenimento per la ex moglie.

Estratto della sentenza:

“Il criterio di determinazione dell’assegno divorzile non può più basarsi esclusivamente sul parametro del tenore di vita matrimoniale, ma deve tenere conto, in primo luogo, dell’indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge richiedente.”

Questo cambiamento ha rivoluzionato l’approccio alla determinazione del mantenimento, riducendo le possibilità di ottenere un assegno a vita.

Situazioni in cui il mantenimento può cessare:

Possiamo schematicamente riportare:

  • Raggiungimento dell’autosufficienza economica: La ex moglie può non avere più diritto all’assegno se riesce a ottenere una stabilità finanziaria tale da mantenersi autonomamente.
  • Nuova convivenza o matrimonio: l’instaurazione di una nuova convivenza stabile, anche senza matrimonio, può portare alla cessazione dell’assegno.
  • Variazioni nelle condizioni economiche del coniuge obbligato: se l’ex marito subisce una riduzione significativa delle sue capacità economiche, è possibile richiedere una revisione dell’assegno.

La Cassazione con la sentenza n. 11178/2019 ha stabilito che l’obbligo di mantenimento cessa qualora la ex moglie instauri una nuova convivenza stabile e duratura con un altro partner. La Corte ha affermato che la convivenza di fatto, anche senza matrimonio, comporta la creazione di un nuovo nucleo familiare, che esclude il diritto della ex moglie a ricevere l’assegno divorzile.

In questo contesto, la nuova relazione è stata considerata equivalente al matrimonio, con la conseguente cessazione del mantenimento. Si legge:

“La stabile convivenza more uxorio, anche senza matrimonio, è idonea a far cessare l’obbligo dell’assegno divorzile in quanto determina il venir meno della solidarietà post-matrimoniale.”

Analogamente la giurisprudenza ha chiarito che, oltre all’autosufficienza economica e alle nuove convivenze, altri fattori possono influenzare la durata del mantenimento per la ex moglie e nello specifico le mutate condizioni economiche dell’ex marito.

In altri termini la perdita del lavoro o la riduzione delle capacità reddituali possono giustificare una riduzione o cessazione dell’assegno.

Nella sentenza n. 26594/2020, la Corte di Cassazione ha esaminato un caso in cui l’ex marito aveva subito una consistente riduzione delle sue entrate a causa di difficoltà economiche legate alla crisi del mercato del lavoro.

La Corte ha stabilito che, in casi simili, è giustificata una riduzione dell’assegno divorzile per la ex moglie, in quanto l’ex marito non può essere costretto a mantenere lo stesso livello di contributo quando le sue capacità economiche sono significativamente diminuite.

“Le mutate condizioni economiche dell’obbligato possono legittimare una revisione dell’assegno divorzile, qualora si dimostri che il coniuge obbligato non è più in grado di far fronte agli oneri di mantenimento stabiliti in precedenza.”

Le recenti decisioni della Corte di Cassazione dimostrano un orientamento volto a limitare l’assegno divorzile nel tempo, soprattutto quando la ex moglie è in grado di mantenersi da sola o inizia una nuova vita con un partner.

Tuttavia, ogni caso viene valutato singolarmente, considerando le specifiche circostanze economiche e personali delle parti.

Quando spetta il mantenimento al marito

Anche il marito può avere diritto all’assegno di mantenimento, soprattutto se si trova in una situazione di difficoltà economica e non è autosufficiente.

Spesso tale situazione appare come una ipotesi residuale, ma in realtà le condizioni che valgono per la moglie sono analoghe per il marito.

Il precedente: Sentenza Cassazione n. 16601/2015

Questa sentenza ha rappresentato un importante precedente, stabilendo che anche il marito ha diritto a ricevere un assegno di mantenimento se dimostra di trovarsi in una situazione di bisogno economico.

La Corte ha affermato che il diritto al mantenimento non è legato esclusivamente al genere, ma alla condizione economica e alla capacità di autosufficienza. In questo caso specifico, il marito, dopo la separazione, si era trovato in difficoltà economiche significative a causa della perdita del lavoro.

La Cassazione è netta:

“La posizione economica di entrambi i coniugi deve essere analizzata in modo equo, e la necessità di mantenimento deve essere valutata non solo in base al genere, ma anche alle circostanze concrete di ciascuna parte.”

Particolare la sentenza n. 22035/2018, in cui la Corte ha confermato il diritto al mantenimento per un marito che aveva dedicato gran parte della sua vita alla cura dei figli, limitando le sue opportunità professionali.

Spesso capita che tale posizione sia prettamente della “moglie”.

Questa sentenza è l’evidenza di una valutazione paritaria da parte della giurisprudenza e pertanto se il marito ha svolto principalmente il ruolo di caregiver per i figli durante il matrimonio, potrebbe non avere sviluppato competenze professionali sufficienti per garantire la propria autosufficienza economica.

In conclusione, il mantenimento al marito è un tema che ha assunto una nuova dimensione nella giurisprudenza italiana.

La Corte di Cassazione ha affermato che anche gli uomini possono avere diritto a un sostegno economico dopo la separazione, se si trovano in difficoltà finanziarie.

La decisione finale dipenderà sempre dalle specifiche circostanze economiche e personali delle parti, e ogni caso sarà valutato con attenzione.

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