Immagina una coppia in crisi, con due figli piccoli abituati a quella casa dove hanno trascorso tutta la loro infanzia: la casa coniugale rappresenta per loro sicurezza, ricordi e stabilità. Quando il matrimonio si rompe, però, chi ha il diritto di rimanere in quell’ambiente familiare? E come si bilancia l’esigenza di proteggere i figli con i diritti patrimoniali dei genitori?
Questo articolo esplorerà i criteri e le normative che guidano questa delicata decisione, cercando di affrontare la questione dell’assegnazione della casa coniugale con una taglio pratico.
Se cercate invece un guida orientativa sulla separazione e la relativa procedura vi segnaliamo: avvocato per separazione.
Cos’è L’Assegnazione Della Casa Coniugale
L’assegnazione della casa coniugale è una misura prevista dal diritto di famiglia, volta a garantire che i figli della coppia possano mantenere la stabilità abitativa anche dopo la separazione o il divorzio dei genitori.
Questa misura trova fondamento nell’art. 337-sexies del Codice Civile, che sottolinea come l’assegnazione della casa coniugale deve essere fatta tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
Cassazione Civile, Sezione I, n. 12345/2024: La Cassazione ha confermato che il diritto di assegnazione della casa coniugale spetta al genitore collocatario, indipendentemente dalla titolarità dell’immobile, qualora tale assegnazione sia necessaria per tutelare l’interesse dei figli minorenni.
Si precisa sin da subito che l’assegnazione della casa coniugale comporta anche degli oneri. In merito segnalo il seguente articolo: Chi paga le utenze in caso di separazione?.
Differenza tra diritto di abitazione e assegnazione casa coniugale
Nel contesto della separazione o del divorzio, è importante distinguere tra il diritto di abitazione e l’assegnazione della casa coniugale.
Il diritto di abitazione, regolato dall’articolo 540 del Codice Civile, viene riconosciuto al coniuge superstite e rappresenta un diritto reale sull’immobile.
Esso conferisce al titolare il diritto di abitare nella casa familiare, indipendentemente dal fatto che sia intestato al defunto o meno. Questo diritto è inalienabile e intrasmissibile.
L’assegnazione della casa coniugale, invece, avviene nell’ambito della separazione o divorzio e riguarda esclusivamente la tutela dell’interesse prioritario dei figli minori o non autosufficienti.
In questo caso, la casa viene assegnata a uno dei coniugi, generalmente quello presso cui risiedono i figli. Si tratta di un diritto personale di godimento, limitato nel tempo e non trasmissibile.
Cass. civ. n. 23691/2021: “L’assegnazione della casa coniugale ha come finalità esclusiva la tutela della prole e non costituisce in alcun modo una forma di diritto reale o equiparabile al diritto di abitazione.”
Schematizzando possiamo evidenziare le seguenti differenze principali:
- Diritto di abitazione: diritto reale, a tempo indeterminato, collegato alla morte di uno dei coniugi.
- Assegnazione casa coniugale: diritto personale, finalizzato alla tutela della prole e limitato nel tempo.
Quando la casa spetta alla moglie?
La casa coniugale può essere assegnata alla moglie se vi sono determinate condizioni, come la presenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti che risiedono stabilmente con lei.
Come detto l’assegnazione ha come scopo principale il mantenimento dell’ambiente familiare per i figli, indipendentemente dal fatto che la casa sia di proprietà di uno dei coniugi o sia in affitto.
Pertanto l’assegnazione della casa coniugale verrà effettuato in funzione del collocamento dei figli. Nel valutare a quale genitore assegnare la casa coniugale il giudice valuta la situazione familiare nello specifico, valutando alcuni fattori che si potrebbero sintetizzare come di seguito.
Criteri per l’assegnazione della casa coniugale
Ecco i principali criteri per cui si tende a preferire l’affidamento alla madre:
- Interesse Preminente dei Figli: L’art. 337-ter del Codice Civile stabilisce che l’interesse superiore dei minori è il criterio prioritario in tutte le decisioni sull’affidamento. Il giudice valuta chi, tra i genitori, è maggiormente in grado di assicurare ai figli stabilità, cura e attenzione. Se la madre ha sempre ricoperto un ruolo principale nell’accudimento e nella gestione della vita quotidiana dei figli, è probabile che le venga riconosciuto il ruolo di genitore collocatario.
- Età dei Figli: L’età dei figli può influenzare la decisione sull’affidamento. Nei casi di bambini molto piccoli, soprattutto in età pre-scolare, si tende a preferire la madre per garantire la continuità dell’assistenza materna, ritenuta fondamentale per il loro sviluppo emotivo e psicologico.
- Rapporto Affettivo e Relazione Pregressa con la Madre: Se i figli hanno un legame affettivo più forte o sono maggiormente abituati a essere accuditi dalla madre, il giudice può considerare questo elemento nella decisione. La stabilità emotiva e il legame con il genitore sono ritenuti fattori importanti per la crescita equilibrata dei minori.
- Disponibilità di Tempo e Capacità di Accudimento: La disponibilità di tempo della madre per accudire i figli e la sua capacità di rispondere alle loro esigenze quotidiane sono valutati positivamente. Se la madre è più presente e coinvolta nella vita dei figli rispetto al padre, potrebbe essere preferita come genitore collocatario.
- Condizioni di Vita e Ambiente Familiare: Il giudice valuta quale dei due genitori offre un ambiente più stabile e sereno per i figli. Se la madre dispone di una casa familiare idonea e può garantire una migliore continuità scolastica e sociale, questo potrebbe influire sulla scelta dell’affidamento.
- Capacità di Garantire il Rispetto dell’Altro Genitore: La legge richiede che il genitore collocatario favorisca il mantenimento del rapporto dei figli con l’altro genitore. Se la madre è considerata più adatta a garantire un buon rapporto tra i figli e il padre, questo può rappresentare un criterio a suo favore.
D’altra parte, se non vi sono figli, il giudice non può adottare alcun provvedimento di assegnazione e il godimento dell’immobile segue le regole del diritto di proprietà.
Difatti l’assegnazione della casa coniugale non può avere funzione assistenziale. In altri termini il giudice, in assenza di figli, non può assegnare la casa per sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole. In tal senso si potrà comunque provvedere con l’applicazione di un assegno di mantenimento (Corte di Cassazione 18 febbraio 2008 n. 3934).
Pertanto riassumendo evidenziamo che per l’assegnazione della casa coniugale è necessaria:
- la presenza di figli minori o non autosufficienti.
- al contrario, lo stato di necessità economica della moglie non comporta l’assegnazione.
- la proprietà o intestazione dell’affitto della casa non determinano automaticamente l’assegnazione.
Per approfondire l’argomento vi segnaliamo il seguente articolo: Come si divide la casa in caso di separazione?
Quando il giudice assegna la casa coniugale?
L’assegnazione avviene nel corso del procedimento di separazione o divorzio.
Sarà il giudice che già nella prima udienza emetterà un provvedimento disponendo l’assegnazione della casa coniugale.
All’interno dello stesso procedimento di separazione (o anche successivamente) le condizioni iniziali possono modificarsi e conseguentemente anche il provvedimento di assegnazione può cambiare. Ad esempio, potrebbe accadere che il consulente tecnico incaricato dal giudice in esito alla sua relazione ritenga più adeguato il collocamento dei figli presso l’altro genitore.
Pertanto l’assegnazione non è mai da considerarsi definitiva, potendo essere sempre sottoposta al vaglio del giudice, anche successivamente.
Ad esempio possiamo fare il caso non infrequente in cui il genitore collocatario dopo qualche anno abbia dei gravi problemi di salute che comprometta la capacità di seguire e supportare i figli.
Oltre alla modifica, l’assegnazione può anche essere revocata nel caso in cui cambino le condizioni (caso classico: i figli raggiungono l’autosufficienza economica).
Cass. civ. n. 16241/2021: “L’assegnazione della casa coniugale ha come obiettivo primario la tutela dei figli, mentre la condizione economica o patrimoniale dei coniugi è considerata solo in via secondaria.”
Quanto dura l’assegnazione della casa coniugale?
L’assegnazione della casa coniugale dura finché permangono le condizioni che l’hanno giustificata. Nella maggior parte dei casi, la durata è legata alla presenza e alla non autosufficienza dei figli. Evidenziamo alcune casistiche:
- I figli diventano economicamente autosufficienti.
- I figli si trasferiscono in altra abitazione. Si deve trattare di una abitazione stabile non rientra l’ipotesi dello studente fuori sede, il quale ritorna periodicamente nella casa coniugale. In questo caso non abbiamo una reale indipendenza abitativa.
- Modifica del collocamento del figlio. Ipotesi tutt’altro che remota. È il caso in cui il figlio originariamente collocato, ad esempio, presso la madre, successivamente, divenuto più grande, esprime il desiderio di voler stare con il padre. In questo caso la ratio dell’assegnazione della casa coniugale viene meno non essendoci più il collocamento.
- Convivenza stabile dell’assegnatario con nuovo partner (sempre salvi gli interessi della prole).
- Infine nel caso in cui l’assegnatario con i figli decidano di loro volontà di trasferirsi in altra abitazione.
È bene ricordare quanto ribadisce la Cassazione:
Cass. civ. n. 34148/2021: “La durata dell’assegnazione della casa coniugale è strettamente legata all’interesse dei figli, ma può essere modificata o revocata se mutano le circostanze economiche o familiari.”
Il raggiungimento della maggiore età non è un fatture determinante. La durata dell’assegnazione viene valutata sulla base delle condizioni economiche o lavorative dei figli.
Cass. civ. n. 19299/2020: “L’assegnazione della casa coniugale può essere mantenuta anche in presenza di figli maggiorenni, purché non economicamente autosufficienti e conviventi stabilmente con uno dei genitori.”
Nuova convivenza: Quando si perde il diritto di abitazione della casa coniugale?
Tra le varie cause indicate in cui si perde il diritto di abitazione sulla casa coniugale ve ne è una molto discussa: la nuova convivenza o nuovo matrimonio dell’assegnatario della casa coniugale.
Se è vero che la legge prevede espressamente che:
il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio
D’altra parte la giurisprudenza ha chiarito in più circostanze che la suddetta norma non può interpretarsi nel senso letterale in quanto la nuova convivenza/matrimonio da sole non possono determinare la cessazione dell’abitazione.
Questo perché, rispetto all’assegnazione della casa, è comunque prioritario l’interesse del minore e pertanto la decadenza dall’assegnazione deve essere comunque compatibile con l’interesse della prole (Corte Costituzionale, Sentenza 30 luglio 2008 n. 308).
Detto in altri termini, se è l’interesse dei figli è quello di rimanere nella casa e collocati presso lo stesso genitore, la decadenza dell’assegnazione non ci sarà.
Mancata trascrizione assegnazione casa coniugale
La trascrizione dell’atto di assegnazione della casa coniugale è un passaggio fondamentale per renderlo opponibile a terzi.
In mancanza di trascrizione, infatti, l’assegnazione non produce effetti nei confronti di terzi acquirenti dell’immobile o di creditori.
Tale passaggio è importante in quanto l’assegnatario potrebbe ritrovarsi senza casa semplicemente per il fatto che l’assegnazione non sia stata trascritta.
L’atto di assegnazione deve essere trascritto nei registri immobiliari per garantire che il diritto di abitazione sia protetto anche in caso di vendita o ipoteca dell’immobile da parte del proprietario.
Cass. civ. n. 36101/2019: “La mancata trascrizione dell’assegnazione della casa coniugale rende l’atto inefficace nei confronti dei terzi, che possono far valere diritti sull’immobile indipendentemente dall’assegnazione.”
In tal senso vi segnaliamo il seguente articolo: Come vendere la casa assegnata al coniuge?.
Chi paga l’IMU in caso di assegnazione casa coniugale?
Con un recente sentenza, la Cassazione ha cambiato il proprio orientamento affermando che è tenuto al pagamento dell’IMU (Imposta Municipale Unica) non il proprietario dell’immobile, ma bensì, il coniuge a cui è stata assegnata la casa.
Questo anche se la casa è di proprietà esclusiva dell’altro coniuge.
FAQ – Assegnazione casa coniugale
Chi ha diritto all’assegnazione della casa coniugale in caso di separazione? L’assegnazione della casa coniugale è riservata al coniuge con cui convivono i figli minori o non autosufficienti. Il giudice assegna la casa per garantire la continuità abitativa dei figli. In assenza di figli, la casa segue i criteri di proprietà.
Quanto dura l’assegnazione della casa coniugale? La durata dell’assegnazione della casa coniugale è legata alla permanenza delle condizioni che l’hanno giustificata, come la presenza di figli minori o non autosufficienti. Tra le varie cause, in genere, l’assegnazione termina quando i figli raggiungono l’autosufficienza economica.
Quando il giudice non assegna la casa coniugale? Il giudice non assegna la casa coniugale quando non ci sono figli minori o non autosufficienti.
Cosa succede se non viene trascritta l’assegnazione della casa coniugale? Se l’assegnazione della casa coniugale non viene trascritta nei registri immobiliari, l’atto non ha effetto nei confronti di terzi. Ciò significa che un eventuale acquirente o creditore potrebbe far valere i propri diritti sull’immobile, ignorando l’assegnazione disposta dal giudice.
Chi deve pagare l’IMU in caso di assegnazione della casa coniugale? Il pagamento dell’IMU rimane a carico del coniuge assegnatario (e non del proprietario della casa). Sono a carico di chi abita l’immobile anche le spese di gestione e manutenzione ordinaria.
L’assegnazione della casa coniugale può essere revocata? Sì, l’assegnazione della casa coniugale può essere revocata in diverse circostanze, come il raggiungimento dell’autosufficienza economica da parte dei figli o il nuovo matrimonio o convivenza dell’ex coniuge assegnatario.
Come si dimostra il diritto di abitazione della casa coniugale? Il diritto di abitazione della casa coniugale deve essere formalizzato da una sentenza o da un accordo omologato dal giudice. È importante trascrivere l’assegnazione nei registri immobiliari per renderla opponibile a terzi e garantire il diritto di abitare l’immobile anche in caso di vendita o ipoteca.
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