La giurisprudenza è pacifica nell’affermare che non è riconosciuto il diritto di un coniuge a ricevere l’assegno divorzile se non viene dimostrato chiaramente che lo squilibrio economico tra i due è il risultato di scelte condivise durante il matrimonio, le quali hanno portato alla rinuncia di reali e concrete opportunità professionali o di guadagno.
Premesso quanto sopra, quale tipo di prova deve fornire il coniuge richiedente l’assegno divorzile, alla luce della funzione perequativo-compensativa dell’assegno delineata dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 18287/2018 e dalle successive decisioni giurisprudenziali?
Le condizioni per ottenere l’Assegno Divorzile: il caso di Tizia
Tizia ha presentato ricorso in Cassazione contro la decisione della Corte d’Appello dell’Aquila, che aveva modificato la sentenza del Tribunale riguardo alla cessazione degli effetti civili del matrimonio con Caio.
La Corte d’Appello aveva negato a Tizia il diritto all’assegno divorzile a carico di Caio.
Tizia ha contestato tale decisione, sostenendo che la corte d’appello non aveva seguito il principio stabilito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 18287 del 2018.
In particolare, si lamentava che le era stato richiesto di provare le specifiche occasioni professionali perse a causa della scelta, condivisa con il marito, di occuparsi della famiglia.
Tizia ha dichiarato che, d’accordo con il marito, si era dedicata alla cura dei loro quattro figli, e che tale decisione l’aveva portata a non cercare opportunità lavorative.
Pertanto, secondo lei, l’obbligo di fornire prove a suo carico era contrario al principio di solidarietà sancito dalle Sezioni Unite.
La soluzione della Cassazione: la mancanza di prova sulle opportunità professionali perse
La Corte di Cassazione, confermando la sentenza della Corte d’Appello, ha richiamato i principi stabiliti dalle Sezioni Unite nella sentenza del 2018.
Questi principi chiariscono il ruolo e la funzione dell’assegno divorzile, nonché i criteri per determinarne il diritto. La Cassazione ha sottolineato l’importanza delle scelte fatte in comune durante il matrimonio, specialmente per quanto riguarda i ruoli all’interno della famiglia e le conseguenze di tali scelte sulle opportunità lavorative di ciascun coniuge.
La Corte d’Appello aveva escluso il diritto di Tizia all’assegno, ritenendo che non bastasse il fatto che si fosse dedicata alla cura della famiglia.
Sarebbe stato necessario dimostrare che quella scelta aveva comportato il sacrificio di specifiche opportunità lavorative o professionali, basate su circostanze concrete, come offerte di lavoro reali alle quali aveva dovuto rinunciare.
Inoltre, il fatto che Tizia fosse riuscita a trovare lavoro dopo la separazione, sebbene non più giovane, indicava che non c’era stato un reale sacrificio della sua capacità professionale o economica.
La valutazione della Corte di Cassazione sulla funzione perequativa-assistenziale
La Cassazione ha ritenuto corretta l’interpretazione della Corte d’Appello, che ha applicato la funzione perequativa-assistenziale dell’assegno divorzile definita dalle Sezioni Unite del 2018.
La Corte ha spiegato che per valutare un’eventuale disparità economica tra i coniugi, bisogna considerare le decisioni prese durante il matrimonio, specialmente quelle che hanno inciso sulle opportunità lavorative.
Inoltre, tali valutazioni vanno fatte in base alla durata del matrimonio e alle reali potenzialità professionali del coniuge, tenendo conto della sua età e delle condizioni del mercato del lavoro.
Anche la recente giurisprudenza, come la sentenza delle Sezioni Unite n. 35385 del 2023, ha confermato questi principi, dando rilievo anche alla convivenza pre-matrimoniale nella valutazione complessiva.
La Corte d’Appello ha applicato correttamente questi principi, accertando che Tizia non aveva fornito prove sufficienti riguardo a specifiche occasioni lavorative perse.
Inoltre, il fatto che dopo la separazione fosse riuscita a ottenere un lavoro con un reddito lordo annuo di circa 20.000 euro ha ulteriormente confermato la mancanza di prove concrete di un sacrificio professionale.
L’onere della prova e le scelte familiari condivise
Questa sentenza, pur richiamando i principi stabiliti dalle Sezioni Unite nel 2018, i quali hanno chiarito la funzione dell’assegno divorzile, ponendo l’accento sulla sua natura perequativa e non solo assistenziale, sembra interpretare con notevole rigore la funzione compensativa.
Di fatto, pone a carico del richiedente un onere probatorio piuttosto impegnativo.
La Corte di Cassazione, in linea con la decisione della Corte d’Appello, ha stabilito che il coniuge che richiede l’assegno divorzile deve non solo dimostrare di aver svolto un ruolo predominante nella gestione familiare e di trovarsi in una condizione economica inferiore rispetto all’altro, ma deve anche provare che ha rinunciato a opportunità lavorative specifiche e concrete a causa della decisione, condivisa con il coniuge, di dedicarsi alla famiglia.
Si comprende facilmente come l’onere probatorio così interpretato si avvicini a quello della “prova diabolica”.
Tizia, infatti, ha sottolineato che la decisione di dedicarsi alla famiglia le aveva impedito di cercare opportunità lavorative, rendendo difficile provare quali occasioni specifiche avrebbe potuto perdere. Al massimo, avrebbe potuto fornire delle stime sulle opportunità di lavoro che, in astratto, avrebbe potuto cogliere in base al suo percorso formativo e professionale precedente.
La sentenza delle Sezioni Unite n. 18287/2018: un pilastro per l’assegno divorzile
Il principio enunciato dalla Corte nella sentenza in esame va interpretato alla luce della decisione delle Sezioni Unite del 2018 e delle sentenze successive.
Le Sezioni Unite avevano stabilito che le potenzialità professionali di un coniuge devono essere valutate alla fine del matrimonio, considerando la possibilità di recuperare eventuali svantaggi in prospettiva, e che nel confronto tra le condizioni economiche dei coniugi va tenuto conto delle aspettative professionali sacrificate durante il matrimonio, anche in relazione all’età e alla durata del vincolo matrimoniale.
Le Sezioni Unite del 2018 avevano previsto che le occasioni professionali perse dovevano essere valutate in modo astratto, basandosi su fattori come gli anni di matrimonio e l’età del richiedente.
Parrebbe che la giurisprudenza successiva stia interpretando questi principi in modo molto rigido, stabilendo che per ottenere l’assegno divorzile è necessario dimostrare la rinuncia a concrete offerte di lavoro, legate alla scelta, condivisa con il coniuge, di dedicarsi alla famiglia.