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PILLOLE di DIRITTO - Pubblicazioni

Studio Legale Avv. Davide De Matteis

Denuncia se non versi assegno di mantenimento – sentenza Tribunale Bologna n. 1327/2023

Indice

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con decreto di citazione diretta emesso dal Pubblico Ministero in sede ritualmente notificato, Cr.Ge., in atti generalizzato, veniva tratto a giudizio avanti questo Tribunale per rispondere del delitto di cui all’art. 570 c.p. in riferimento all’art. 12 sexies Legge 898/70, in imputazione meglio descritto e compiutamente riportato, commesso in Imola (BO) in epoca anteriore e prossima al 24 Giugno 2016, con condotta tutt’ora in corso.

All’udienza del 1 Dicembre 2021, celebratasi nella dichiarata assenza dell’imputato ai sensi dell’art. 420 bis c.p.p., previa ammissione della costituzione di parte civile di El.Sa., non essendo state sollevate questioni preliminari, era aperto il dibattimento e venivano ammessi i mezzi di prova richiesti dalle parti; differita era poi l’udienza del 6 Aprile 2022 per la assenza dei testi mentre all’udienza del 17 Giugno 2022, preso atto della comunicazione della parte offesa della volontà di revocare la costituzione di parte civile, il giudice provvedeva in conformità; differita era poi l’udienza del 14 Ottobre 2022 per la assenza della persona offesa El.Sa., unico teste, che veniva poi escussa all’udienza del 16 Dicembre 2022.

All’udienza del 8 Febbraio 2023 il pubblico ministero chiedeva un differimento attesa la produzione documentale della difesa che non era possibile esaminare contestualmente; infine all’udienza del 15 Marzo 2023, dichiarata chiusa l’istruttoria, le parti concludevano come da verbale ed il giudice pronunciava sentenza dando lettura del dispositivo, riservando le motivazioni ai sensi dell’art. 544 comma 3 c.p.p.

La lettura degli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento, pienamente utilizzabili, in particolare le dichiarazioni testimoniali assunte nonché la documentazione prodotta dalle parti, non consente di ritenere pienamente provata la penale responsabilità dell’imputato, che va pertanto mandato assolto perché il fatto non costituisce reato.

Ha riferito El.Sa. di avere contratto matrimonio con l’odierno imputato nell’anno 2010 in costanza del quale è nata una figlia, Al.Ma. all’epoca dei fatti minorenne; a seguito dell’incrinarsi dei rapporti coniugali, le parti si separavano giudizialmente nell’anno 2016; con ordinanza resa ex art. 708 c.p.c., il Tribunale di Bologna, oltre a disporre dell’affidamento della prole, imponeva al Cr. il versamento di un contributo per il mantenimento di Al.Ma. pari ad Euro 350,00 mensili, mentre nulla disponeva in ordine alle spese straordinarie.

La El.Sa. ha poi riferito al Tribunale che sin da dopo il provvedimento giurisdizionale il marito non ottemperava a quanto stabilito, non versando quasi mai gli importi dovuti, e a volte lo faceva solo parzialmente, con ciò provocandole grosse difficoltà economiche; a seguito poi della pronuncia di divorzio, l’importo del contributo mensile veniva ridotto ad Euro 250,00 ma nonostante ciò il prevenuto non ottemperava a quanto stabilito, versando solo sporadicamente delle somme e mai con regolarità (“(li versa) quando vuole”; pag. 8 stenotipie); ad oggi, o meglio alla data del Luglio 2018, il credito vantato ammontava ad oltre 9.000,00 Euro.

A domanda della pubblica accusa, la El.Sa. ha precisato di avere affrontato le difficoltà economiche grazie all’auto della sua numerosa famiglia.

Quanto alle condizioni economiche del Cr. e sulle ragioni per le quali lo stesso ometteva il pagamento di quanto dovuto, la persona offesa non è stata in grado di riferire alcunché, pur precisando di avere avuto la contezza che lo stesso nell’anno 2015 era stato sospeso dall’Arma dei Carabinieri ma non che per tale ragione riceveva uno stipendio ridotto.

L’imputato è rimasto assente al processo, ma per il tramite del difensore ha depositato documentazione dalla quale emerge che lo stesso in data 31.12.2015 veniva sospeso dal servizio con relativo trattamento economico (600-900 Euro mensili), ordinanza di affidamento in prova ai servizi sociali del Tribunale di Sorveglianza di Bologna del 03.02.2022, nonché spese di alloggio, ricevute di versamenti alla figlia su richiesta di quest’ultima e quietanze di versamento dal mese di Maggio 2021 a Settembre 2022 quando veniva destituito dal servizio.

Dal compendio probatorio come sopra indicato, vanno tratte le seguenti considerazioni.

Ad avviso del Tribunale, dall’esame degli atti processuali come sopra indicati non emerge con sicura evidenza, la dimostrazione della penale responsabilità del prevenuto in ordine al delitto contestato, nella doppia formulazione della violazione dell’art. 12 sexies L. 898/70 e dell’art. 570 c.p., imponendosi in tal modo una pronuncia assolutoria come da dispositivo.

Si osserva che la norma oggetto dell’imputazione punisce la “violazione degli obblighi di natura economica” connessi alla separazione estendendo la applicabilità della norma penale di cui all’art. 12 sexies l. n. 898/1970 che sanziona la condotta di colui che “si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno”.

Si evince dalla stessa formulazione letterale delle disposizioni che non vi è equiparazione tra il fatto penalmente sanzionato e l’inadempimento civilistico, la norma non fa riferimento a singoli mancati o ritardati pagamenti bensì ad una condotta di volontaria inottemperanza con la quale il soggetto agente intende specificamente sottrarsi all’assolvimento degli obblighi imposti con la separazione.

Ciò corrisponde alla funzione di queste disposizioni intesa a garantire che il soggetto obbligato assista con continuità Ì figli; da un lato, quindi, non è una condotta integrata da qualsiasi forma di inadempimento e dall’altro, trattandosi di reato doloso, la condotta deve essere accompagnata dal necessario elemento psicologico; in particolare, sul piano oggettivo, si deve trattare di inadempimento serio e sufficientemente protratto (o destinato a protrarsi) per un tempo tale da incidere apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato deve fornire.

Quindi il reato non scatta automaticamente con l’inadempimento ai sensi delle leggi civili e, ancorché la violazione possa conseguire anche al ritardo, il giudice penale deve valutarne la “gravità” e, quindi, l’attitudine oggettiva a integrare la condizione che la norma è tesa ad evitare (Corte di Cassazione – Sez. Sesta Pen. – Sent. del 09.11.2012, n. 43527).

Nel processo per cui si procede l’imputato si è reso responsabile dell’omesso integrale e puntuale versamento dell’assegno di mantenimento a favore della figlia, e, tenuto conto del lungo lasso temporale, ha prodotto un arretrato notevole; va inoltre dato atto che non è inoltre emerso con certezza dall’esame della documentazione contenuta nel fascicolo dibattimentale il cosiddetto “stato di bisogno” nel senso indicato dalla Suprema Corte con sentenza 23866/2013 a Sezioni Unite laddove precisa che “l’omessa assistenza deve avere l’effetto di far mancare i mezzi di sussistenza, che comprendono quanto è necessario per la sopravvivenza, situazione che non si identifica né con l’obbligo mi mantenimento né con quello alimentare, avendo portata più ampia”.

E’ un dato non controverso che l’imputato, come detto, per diversi anni e sino alla data odierna non abbia completamente ottemperato alle statuizioni economiche imposte dal provvedimento del Tribunale di Bologna.

Ciò premesso in punto di fatto, osserva il giudicante, sotto il profilo della materialità del reato contestato, che la seppure non radicale omissione del contributo al mantenimento della figlia, deve ritenersi comunque essere stata sufficiente, nel caso di specie, a far mancare i mezzi di sussistenza.

Trattandosi di minore, peraltro, deve ritenersi che lo stato di bisogno sia presunto e non necessiti di prova specifica e che non valga ad eliderlo il fatto che a tale bisogno abbia fatto fronte l’intervento sussidiario di terzi obbligati, quale la madre.

Secondo l’orientamento consolidato e condivisibile del Supremo Collegio, infatti, “in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’obbligo di fornire i mezzi di sussistenza al figlio minore ricorre anche quando vi provvede in tutto o in parte l’altro genitore con i proventi del proprio lavoro e con l’intervento di altri congiunti, atteso che tale sostituzione non elimina lo stato di bisogno in cui versa soggetto passivo del quale, viceversa, costituisce la prova” (così Cass. n. 37419 del 21.9.2001); e ancora: “la mancata corresponsione dell’assegno per il mantenimento del figlio minore stabilito in sede di separazione dei coniugi integra la fattispecie di cui all’art. 570 cod. pen., in base alla presunzione semplice che il minore sia incapace di produrre reddito proprio, presunzione suscettibile di essere superata laddove il minore disponga di redditi patrimoniali, sempre che non si tratti di retribuzione per attività lavorativa, la quale, anzi, costituisce prova dello stato di bisogno” (così Cass. n. 26725 del 26.3.2003; nello stesso senso, fra le tante, cfr. anche Cass. n. 715 del 1.12.2003, che ha ritenuto la violazione in oggetto anche nel caso di figlio minore titolare di una modesta pensione di invalidità, e Cass. n. 17692 del 9.1.2004, che ha affermato la sussistenza del reato anche se l’altro genitore provvede in via sussidiaria a soddisfare i bisogni della prole e ha escluso il ricorrere di ipotesi di ignoranza scusabile del genitore inadempiente, essendo quello della somministrazione dei mezzi di sussistenza ai figli minori o inabili al lavoro un dovere primario dei genitori, corrispondente ad “un’esigenza morale universalmente avvertita”).

Ad avviso del giudicante, tuttavia, la condotta del Cr.Ge. deve ritenersi scriminata per effetto della sua transitoria e incolpevole condizione di impossibilità economica ad adempiere all’obbligazione, per la momentanea indisponibilità di introiti sufficienti a soddisfare le esigenze minime di vita non solo degli aventi diritto, ma anche di esso stesso.

Dall’esame delle dichiarazioni testimoniali assunte ma soprattutto dalla documentazione allegata dalla difesa, è emerso che l’imputato, sin dalla fine dell’anno 2015 è stato sospeso dal servizio potendo contare solo su una busta paga decurtata del 50% (pari a poche centinaia di euro), che gli erano a malapena sufficienti per potere pagare l’affitto della sua dimora; peraltro, dalla data del 3 Febbraio 2022 il prevenuto è affidato ai servizi sociali e pertanto ha capacità lavorativa limitata.

Ritiene il giudicante che, all’esito dell’istruttoria, siano emersi diversi elementi che consentono di affermare che il prevenuto, soggetto comunque non affetto da patologie invalidanti in modo definitivamente pregiudizievole per la sua vita lavorativa, non avesse una fonte stabile, ma soprattutto sufficiente, di reddito da lavoro per ragioni a lui non imputabili.

Ciò è postulato dalla giurisprudenza, che così si esprime: “l’impossibilità assoluta della somministrazione dei mezzi di sussistenza esclude il reato di cui all’art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen. solo quando sia incolpevole, giacché l’obbligato è tenuto ad adoperarsi per adempiere la sua prestazione” (Cass. VI, n. 12400/90: nel caso di specie era stata confermata la decisione dei giudici di merito che avevano affermato che un padre sano abile al lavoro e di giovane età aveva l’obbligo di procurarsi una occupazione per provvedere alle necessità del figlio minore).

In definitiva, avuto riguardo alla sostanziale assenza di fondate ragioni di contrasto rispetto alla tesi accusatoria, si deve ritenere processualmente acclarato che Cr.Ge.:

– era ed è tuttora più che verosimilmente in condizioni di vita e finanziarie quantomeno precarie, come confermato dalle testimonianze assunte;

versava e versa, quasi certamente, in condizioni di incapacità economica tali da non rendergli possibile l’integrale adempimento degli obblighi economici stabiliti in sede di separazione e successivamente di divorzio.

Per tali ragioni, tenuto conto che ciascuno dei due coniugi è obbligato a contribuire ai bisogni ed all’assistenza materiale e morale dell’altro, in ragione della rispettiva capacità economica, appare di tutta evidenza che l’inadempimento del prevenuto, alla luce delle risultanze dibattimentali, sebbene qualificabile come una violazione di un obbligo meramente civilistico, possa avere determinato, in danno della ex compagna, il venir meno di una fonte di sostentamento necessaria.

Va d’altro canto precisato che il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all’art. 570 c.p., sussiste anche in assenza di un obbligo di natura civilistica, essendo l’illecito in questione rapportato da un lato alla sussistenza dello stato di bisogno dell’avente diritto e dall’altro al mancato apprestamento dei mezzi di sussistenza da parte di chi per legge vi è obbligato, salvo che ricorra una circostanza esimente; le difficoltà economiche in cui si viene a trovare l’obbligato, possono avere effetto esimente se lo stesso si sia venuto a trovare nell’impossibilità di adempiere, e che ciò non dipenda da comportamento anche solo negligente dello stesso; negligenza che non ha trovato conferma negli elementi assunti nel dibattimento.

In definitiva, quindi, l’omesso pagamento delle somme stabilite con provvedimento del Tribunale di Bologna ed afferenti il contributo al mantenimento delle figlie, è relativo ad un periodo di tempo pur non circoscritto e che, anche se può, ma di ciò non è stata fornita alcuna prova, avere compromesso il sostentamento dei minori al punto di realizzare la fattispecie penale contestata, fu invece reso pressoché impossibile in quanto plausibilmente collegato alle difficoltà economiche del soggetto obbligato, e quindi tale da non configurare, quantomeno sotto il profilo psicologico, quella consapevole e volontaria sottrazione agli obblighi di somministrazione dei mezzi di sussistenza che costituisce il nucleo della norma oggi contestata all’imputato (sul punto vedi Cass. Sez. VI, sent. 33319/12).

Alla luce delle sopra indicate argomentazioni, ritiene questo giudice che nel caso di specie non sia stata raggiunta piena prova in relazione alla integrazione del delitto contestato all’imputato per carenza dell’elemento psicologico dello stesso; se è un lato chiaro ed incontrovertibile che Cr.Ge. non abbia contribuito nel corso degli anni, per diverse mensilità, al sostentamento economico della figlia, appare altrettanto chiaro che lo stesso non si sia volontariamente sottratto a tale obbligo, ma, a causa delle precarie condizioni economiche in cui versava, non abbia avuto la possibilità di pagare quanto stabilito dal giudice (circostanza questa confermata sia dalla testimonianza della persona offesa, sia dalla documentazione acquisita).

Per tali ragioni, pertanto, Cr.Ge., in accoglimento delle conclusioni formulate dalla difesa, va assolto dal reato contestato, seppure con la formula di cui al capoverso dell’art. 530, perché il fatto non costituisce reato.

Il complessivo carico di lavoro giustifica la previsione, per il deposito della motivazione, del termine di giorni 40.

P.Q.M.

Visto l’art. 530 secondo comma c.p.p.

assolve

Cr.Ge. dalle condotte lui ascritte perché il fatto non costituisce reato.

Visto l’art. 544, comma 3 c.p.p., fissa in quaranta giorni il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Bologna il 15 marzo 2023.

Depositata in Cancelleria il 21 aprile 2023.

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