Search
Close this search box.

PILLOLE di DIRITTO - Pubblicazioni

Studio Legale Avv. Davide De Matteis

Quando spetta l’assegno di mantenimento

Indice

L’assegno di mantenimento è uno degli argomenti più rilevanti e discussi in caso di separazione o divorzio. Spesso ci si chiede chi ne ha diritto, come viene calcolato e quali sono le condizioni che possono portare alla sua modifica o cessazione.

Cercheremo di analizzare nei vari articoli che pubblicheremo man mano i vari aspetti e le varie casistiche.

Se volete un guida di orientamento per orientarsi su una procedura di separazione, vi segnaliamo il seguente articoli: avvocato per separazione.

Iniziamo! in questo articolo, analizzeremo dettagliatamente i casi in cui l’assegno di mantenimento spetta, sia per il coniuge che per i figli, e quali sono i fattori che lo determinano secondo la legge italiana e la giurisprudenza.

Distinzione tra Assegno di Mantenimento per il Coniuge e quello per i Figli

Non bisogna fare confusione. Esistono due tipi di obblighi di mantenimento: quello a favore dei figli e quello a favore del coniuge. Entrambi i tipi di mantenimento hanno finalità e criteri distinti, determinati dalla legge italiana per garantire la tutela degli interessi dei soggetti coinvolti.

1. Mantenimento dei Figli

Il mantenimento dei figli ha lo scopo di garantire il benessere e il sostentamento dei figli minorenni o dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti. La legge italiana stabilisce che entrambi i genitori sono tenuti a contribuire al mantenimento dei figli, proporzionalmente alle loro capacità economiche.

L’obiettivo principale è garantire ai figli un tenore di vita adeguato e comparabile a quello precedente alla separazione.

In tal senso può essere utile la lettura del seguente articolo: Quanto è il Minimo del Mantenimento per i Figli.

2. Mantenimento del Coniuge

Il mantenimento del coniuge ha lo scopo di sostenere l’ex coniuge che si trova in una condizione economica svantaggiata rispetto all’altro dopo la fine del matrimonio.

In questo caso è possibile effettuare un ulteriore distinzione:

  • assegno di mantenimento nella fase di separazione
  • assegno divorzile

In generale e semplificando diciamo che l’assegno di mantenimento per il coniuge mira a garantire al beneficiario un tenore di vita simile a quello goduto durante il matrimonio, purché le condizioni economiche del coniuge obbligato lo consentano.  Le due tipologie di mantenimento hanno però logiche diverse su cui la giurisprudenza negli anni ha cambiato più volte orientamento ed interpretazioni.

Quando un genitore può smettere di dare il mantenimento ai figli

Orbene se parliamo di mantenimento per i figli questo è un obbligo che persiste fino al raggiungimento dell’indipendenza economica. Tuttavia, ci sono situazioni in cui un genitore può smettere di pagare l’assegno di mantenimento:

  • Figli autosufficienti: come detto se il figlio ha trovato un lavoro stabile che è in grado di garantirgli un reddito sufficiente, il genitore può chiedere la cessazione dell’obbligo.
  • Comportamento irresponsabile del figlio: se il figlio non si impegna nello studio o nel cercare un lavoro, il genitore potrebbe ottenere la revoca dell’obbligo di mantenimento. Questo principio è stato ribadito in numerose sentenze, tra cui la Cassazione n. 17183/2020.
  • Accordi tra le parti: in alcuni casi, l’obbligo di mantenimento può cessare a seguito di un accordo tra le parti, ma sempre validato dal giudice.

Il mantenimento per i figli rappresenta un obbligo importante, volto a garantire il benessere e l’educazione del minore fino al raggiungimento dell’autosufficienza economica.

Chiaro che l’importo del mantenimento deve essere parametrato anche con il reddito ed il patrimonio dei genitori. Sul punto vi segnaliamo alcuni articoli di approfondimento:

In relazione al “fino a quando è dovuto il mantenimento”, la Cassazione ha più volte sottolineato che l’obbligo di mantenimento da parte del genitore non è illimitato nel tempo e può cessare quando il figlio diventa economicamente indipendente. Questo principio è stato ribadito in numerose sentenze che hanno contribuito a delineare meglio i confini dell’obbligo di mantenimento:

  • Sentenza Cassazione n. 17183/2020: Questa importante sentenza ha stabilito che l’obbligo di mantenimento cessa non appena il figlio riesce a raggiungere una condizione di autosufficienza economica. Il caso specifico riguardava un padre che aveva chiesto la revoca del mantenimento per il figlio di 25 anni il quale, pur avendo trovato un lavoro temporaneo, non dimostrava un reale impegno nel cercare un’occupazione stabile. La Corte ha ritenuto che, seppur precario, il lavoro svolto dal figlio era sufficiente a garantirgli un reddito minimo, tale da non giustificare ulteriormente l’obbligo di mantenimento. La Cassazione scrive:

“L’obbligo di mantenimento non può prolungarsi indefinitamente nel tempo qualora il figlio, pur avendo raggiunto la maggiore età, non si adoperi in modo attivo per raggiungere l’autosufficienza economica, mantenendo un atteggiamento di inerzia nella ricerca di una stabile occupazione.”

  • Sentenza Cassazione n. 1858/2021: altra sentenza in cui gli Ermellini sottolineano che il mantenimento non è dovuto se il figlio, anche maggiorenne, non dimostra un serio impegno nello studio o nella ricerca di un lavoro. Il caso coinvolgeva un genitore che aveva chiesto la cessazione dell’obbligo di mantenimento per il figlio di 27 anni, il quale, pur avendo la possibilità di accedere al mercato del lavoro, continuava a dipendere economicamente dai genitori senza cercare un’occupazione adeguata. Si legge:

“Il mantenimento non può essere garantito indefinitamente per figli che, senza giustificazione valida, rimangono inattivi o non si impegnano adeguatamente per inserirsi nel mondo del lavoro. L’onere ricade sul figlio maggiorenne di dimostrare il proprio impegno e le difficoltà oggettive che impediscono l’autosufficienza.”

Mantenimento figlio e Studi universitari

Molto frequente è l’ipotesi in cui la precarietà del figlio è legata al percorso di studi intrapreso. Evidente che considerata la prosecuzione degli studi, il figlio entrerà nel mercato del lavoro più tardi, raggiungendo la propria autosufficienza economica dopo alcuni anni.

Tuttavia, come sottolineato in diverse sentenze, ciò non esime il figlio dall’obbligo di impegnarsi per raggiungere quanto prima la propria autosufficienza. 

Nella sentenza n. 5088/2018 la Cassazione spiega che il figlio maggiorenne non può prolungare la propria dipendenza economica dai genitori in modo indefinito, e che l’obbligo di mantenimento può cessare anche quando il figlio decide di perseguire una carriera accademica senza un reale impegno o risultati concreti.

In altri termini, pur essendo comprensibile il desiderio di continuare gli studi, ciò non giustifica il mantenimento se non accompagnato da un serio progetto formativo o professionale. Si legge:

“La semplice iscrizione a un corso universitario o la prosecuzione degli studi non può, di per sé, giustificare l’obbligo di mantenimento, se non accompagnata da un chiaro percorso formativo volto all’inserimento nel mondo del lavoro.”

Concludendo possiamo affermare che l’obbligo di mantenimento per i figli, pur essendo fondamentale per il loro sostentamento durante la fase di crescita e formazione, non è illimitato e può cessare in presenza di determinate condizioni.

Nello specifico, l’inerzia del figlio o il mancato impegno negli studi sono fattori che possono comunque portare alla cessazione del mantenimento anche se non è stata raggiunta la stabilità economica.

Quando la moglie non ha diritto al mantenimento

L’assegno di mantenimento non è automatico. La moglie (o il marito, come vedremo più avanti) potrebbe non avere diritto a riceverlo. Esaminiamo alcune circostanze specifiche:

  • Autosufficienza economica: se la moglie è economicamente autosufficiente e riesce a mantenere un tenore di vita simile a quello avuto durante il matrimonio, non avrà diritto all’assegno.
  • Addebito nella separazione: se la separazione è stata causata da comportamenti lesivi o gravi da parte della moglie, come infedeltà o violenza psicologica, il giudice potrebbe decidere di non accordare l’assegno di mantenimento.
  • Durata breve del matrimonio: in alcuni casi, soprattutto quando il matrimonio è stato di breve durata, la richiesta di assegno di mantenimento può essere negata se il coniuge richiedente ha mantenuto un grado di indipendenza economica durante il periodo matrimoniale (La breve durata del matrimonio esclude il Diritto al Mantenimento del Coniuge)

Appare importante ricordare la sentenza della Corte di Cassazione (sent. n. 11504/2017) che ha espressamente ribadito che il principio di autosufficienza prevale sul diritto a mantenere il tenore di vita matrimoniale.

Da quanto descritto sopra, se il coniuge non lavora potrebbe avere diritto al mantenimento. Vi rimandiamo a questo articolo per l’approfondimento: Quanto spetta di mantenimento alla moglie che non lavora?

Quanto dura il mantenimento per la ex moglie

La durata del mantenimento per la ex moglie è un tema che spesso genera controversie in sede di separazione o divorzio. In effetti vi sono diversi casi in cui l’assegno di mantenimento può cessare, ridursi o persino essere ricalcolato nel tempo.

La durata di questo obbligo è strettamente legata alla situazione economica della ex moglie e al suo impegno nel raggiungimento dell’autosufficienza economica.

La svolta sull’assegno divorzile: Cassazione n. 11504/2017

Questa sentenza storica ha rappresentato un punto di svolta nella giurisprudenza italiana, rivedendo i criteri per l’assegnazione e la durata dell’assegno divorzile.

Come già detto l’assegno dopo la separazione è da tenersi distinto da quello divorzile e questo soprattutto sulla base delle logiche espresse dalla Corte di Cassazione.

La ratio dell’assegno è cambiato e – semplificando – possiamo affermare che l’assegno non deve più garantire il mantenimento dello stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio, ma piuttosto deve essere volto a garantire l’autosufficienza economica del coniuge beneficiario.

In questo modo, il criterio dell’autosufficienza diventa fondamentale nel determinare la durata dell’obbligo di mantenimento per la ex moglie.

Estratto della sentenza:

“Il criterio di determinazione dell’assegno divorzile non può più basarsi esclusivamente sul parametro del tenore di vita matrimoniale, ma deve tenere conto, in primo luogo, dell’indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge richiedente.”

Questo cambiamento ha rivoluzionato l’approccio alla determinazione del mantenimento, riducendo le possibilità di ottenere un assegno a vita.

L’intervento delle Sezioni Unite nel 2018

Le Sezioni Unite con la sentenza n. 18287/2018 tornano a parlare del valore della solidarietà post-coniugale, richiamando l’attenzione sulla necessità di non operare automatismi nella determinazione e qualificazione dell’assegno divorzile.

Questa sentenza ha sostanzialmente ridefinito i criteri per la determinazione dell’assegno, spostando l’accento dal tradizionale parametro del “tenore di vita matrimoniale” a una nuova funzione “assistenziale-compensativa-perequativa“.

L’assegno divorzile deve pertanto svolgere una duplice funzione:

  • Assistenziale: sostenere l’ex coniuge che si trova in una situazione economica di bisogno, ovvero che non dispone di mezzi adeguati e non è in grado di procurarseli per ragioni oggettive.
  • Compensativa-perequativa: riconoscere il contributo dato dall’ex coniuge alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune o individuale durante il matrimonio. L’obiettivo è riequilibrare le conseguenze economiche della fine della relazione, tenendo conto dei ruoli endofamiliari assunti dai coniugi.

Questa sentenza ha dato un interpretazione più equa, ridimensionando le aspettative di chi richiedeva l’assegno divorzile basate sul “mantenimento del tenore di vita”. 

Oggi, il giudice è chiamato a valutare il fattivo contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla vita familiare e al sacrificio delle proprie ambizioni professionali o opportunità di lavoro. Ecco che, in tale ottica, l’assegno divorzile mira a compensare tra gli ex coniugi gli squilibri generati dalla fine del matrimonio.

Sul punto vi segnaliamo il seguente articolo: Assegno Divorzile: L’importanza della prova sulle opportunità professionali perse e le scelte condivise durante il matrimonio.

Sempre sul tema e sulla funzione compensativa: Nessun Assegno Divorzile quando il Sacrificio delle Aspettative Professionali è Stato Già Compensato.

Quando cessa il mantenimento alla ex moglie?

Possiamo schematicamente riportare:

  • Raggiungimento dell’autosufficienza economica: La ex moglie può non avere più diritto all’assegno se riesce a ottenere una stabilità finanziaria tale da mantenersi autonomamente.
  • Nuova convivenza o matrimonio: l’instaurazione di una nuova convivenza stabile, anche senza matrimonio, può portare alla cessazione dell’assegno.
  • Variazioni nelle condizioni economiche del coniuge obbligato: se l’ex marito subisce una riduzione significativa delle sue capacità economiche, è possibile richiedere una revisione dell’assegno.

In riferimento alla cessazione del mantenimento per il raggiungimento dell’autosufficienza economica segnaliamo degli approfondimenti:

Come precisato, l’obbligo di mantenimento cessa anche laddove la ex moglie instauri una nuova convivenza stabile e duratura con un altro partner. Difatti la convivenza di fatto, anche senza matrimonio, comporta la creazione di un nuovo nucleo familiare, che esclude il diritto della ex moglie a ricevere l’assegno divorzile.

In merito segnaliamo il seguente articolo: Chi Convive con un Nuovo Partner Ha Diritto al Mantenimento?.

In questo contesto, la nuova relazione è stata considerata equivalente al matrimonio, con la conseguente cessazione del mantenimento. Nella sentenza n. 11178/2019 la Cassazione afferma:

“La stabile convivenza more uxorio, anche senza matrimonio, è idonea a far cessare l’obbligo dell’assegno divorzile in quanto determina il venir meno della solidarietà post-matrimoniale.”

Analogamente la giurisprudenza ha chiarito che, oltre all’autosufficienza economica e alle nuove convivenze, altri fattori possono influenzare la durata del mantenimento per la ex moglie e nello specifico le mutate condizioni economiche dell’ex marito.

In altri termini la perdita del lavoro o la riduzione delle capacità reddituali possono giustificare una riduzione o cessazione dell’assegno.

Nella sentenza n. 26594/2020, la Corte di Cassazione ha esaminato un caso in cui l’ex marito aveva subito una consistente riduzione delle sue entrate a causa di difficoltà economiche legate alla crisi del mercato del lavoro. In tali casi è giustificata una riduzione dell’assegno divorzile, in quanto l’ex marito non può essere costretto a mantenere lo stesso livello di contributo quando le sue capacità economiche sono significativamente diminuite.

“Le mutate condizioni economiche dell’obbligato possono legittimare una revisione dell’assegno divorzile, qualora si dimostri che il coniuge obbligato non è più in grado di far fronte agli oneri di mantenimento stabiliti in precedenza.”

Sostanzialmente le recenti decisioni della Corte di Cassazione dimostrano un chiaro  orientamento volto a limitare l’assegno divorzile nel tempo, soprattutto quando la ex moglie è in grado di mantenersi da sola o inizia una nuova vita con un partner.

Tuttavia, ogni caso viene valutato singolarmente, considerando le specifiche circostanze economiche e personali delle parti.

Se siete interessati ad approfondire la tematica, vi proponiamo alcuni interessanti articoli:

Quando spetta il mantenimento al marito

Anche il marito può avere diritto all’assegno di mantenimento, soprattutto se si trova in una situazione di difficoltà economica e non è autosufficiente.

Spesso tale situazione appare come una ipotesi residuale, ma in realtà le condizioni che valgono per la moglie sono analoghe per il marito.

Il precedente: Sentenza Cassazione n. 16601/2015

Questa sentenza ha rappresentato un importante precedente, stabilendo che anche il marito ha diritto a ricevere un assegno di mantenimento se dimostra di trovarsi in una situazione di bisogno economico.

La Corte ha affermato che il diritto al mantenimento non è legato esclusivamente al genere, ma alla condizione economica e alla capacità di autosufficienza. In questo caso specifico, il marito, dopo la separazione, si era trovato in difficoltà economiche significative a causa della perdita del lavoro.

La Cassazione è netta:

“La posizione economica di entrambi i coniugi deve essere analizzata in modo equo, e la necessità di mantenimento deve essere valutata non solo in base al genere, ma anche alle circostanze concrete di ciascuna parte.”

Particolare la sentenza n. 22035/2018, in cui la Corte ha confermato il diritto al mantenimento per un marito che aveva dedicato gran parte della sua vita alla cura dei figli, limitando le sue opportunità professionali.

Spesso capita che tale posizione sia prettamente della “moglie”.

Questa sentenza è l’evidenza di una valutazione paritaria da parte della giurisprudenza e pertanto se il marito ha svolto principalmente il ruolo di caregiver per i figli durante il matrimonio, potrebbe non avere sviluppato competenze professionali sufficienti per garantire la propria autosufficienza economica.

In conclusione, il mantenimento al marito è un tema che ha assunto una nuova dimensione nella giurisprudenza italiana.

La Corte di Cassazione ha affermato che anche gli uomini possono avere diritto a un sostegno economico dopo la separazione, se si trovano in difficoltà finanziarie.

La decisione finale dipenderà sempre dalle specifiche circostanze economiche e personali delle parti, e ogni caso sarà valutato con attenzione.

Hai un dubbio? CONTATTACI senza impegno

Studio Legale De Matteis

Modulo contatti

Studio Legale De Matteis

Help Desk