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PILLOLE di DIRITTO - Pubblicazioni

Studio Legale Avv. Davide De Matteis

Rimborso spese e beni acquistati durante la convivenza – sentenza Tribunale Bologna n. 943/2023

Indice

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il sig. U.Ca. in proprio e nella sua qualità di legale rappresentante pro-tempore della (…) Srl, come in atti rappresentato e difeso, ha convenuto in giudizio la sig.ra Lucia Ba. per ivi sentir accertare l’indebito arricchimento della convenuta e la condanna della stessa al pagamento della somma di euro 8.646,40 in favore del Ca. nonché alla restituzione di beni indebitamente trattenuti di proprietà della (…), ovvero al pagamento della somma corrispondente al valore dei beni stessi quantificato in euro 1.917,63 oltre I.V.A.

Il preteso indebito arricchimento si sarebbe determinato al termine della convivenza tra il Ca. e la Ba., con la conseguenza che il primo ritiene di chiedere la restituzione di somme spese per l’acquisto di beni (parte della cucina, madia da cucina, termo da veranda e box doccia come descritto in citazione), rimasti nella disponibilità esclusiva della convenuta, e per altre “necessità” della stessa Ba. nel corso della convivenza. In qualità di legale rappresentate di (…), il Ca. chiede la restituzione di beni messi a disposizione della Ba. nel corso della convivenza ed in particolare di una lampada del valore di circa euro 1.400,00. La convenuta Lu.Ba. si è tempestivamente costituita in giudizio per chiedere l’integrale rigetto delle domande attoree ritenute infondate e la condanna degli attori al risarcimento danni per lite temeraria ex art. 96, terzo comma, c.p.c.

La convenuta, pur non negando l’acquisto da parte del Ca. di alcuni beni destinati ad integrare/modificare l’arredo dell’abitazione comune (di proprietà esclusiva della convenuta e già dalla stessa occupata) né il fatto che l’attore durante la convivenza abbia sostenuto spese per viaggi/cene/spettacoli, afferma di avere a sua volta sostenuto spese per il mantenimento della coppia (utenze domestiche, spese condominiali, tasse, vacanze ecc.), che le spese sostenute per l’arredamento della casa rispondevano ad esigenze personali del Ca., nonché di aver trattenuto i beni di cui sopra in quanto regali ricevuti dal convivente (anche con riferimento ai beni asseritamente di proprietà di (…) ma acquistati dal Ca. e “messi a disposizione” della Ba.). In sostanza, la convenuta nega qualsiasi indebito arricchimento eccependo la volontarietà della prestazione che escluderebbe l’azione ex art. 2041 c.c.; qualifica le prestazioni e le spese sostenute dall’attore da un lato quali atti di liberalità e dall’altro quale adempimento di obbligazione naturale ex art. 2034 c.c.

La causa è stata posta in decisione sulla base della documentazione acquisita agli atti, rigettate tutte le istanze di prova orale perché ritenute ininfluenti ai fini della decisione.

E’ incontestato che tra Ca. e Ba. vi è stato un rapporto affettivo di convivenza iniziato nel 2020 e finito nell’agosto 2021; durante tale periodo la coppia ha convissuto nell’appartamento di proprietà della Ba., già occupato dalla stessa, che a spese della coppia è stato in parte riadattato alle esigenze dei due conviventi. E’ stata prodotta in atti, da entrambe le difese, documentazione attestante: -il sostenimento da parte dell’attore di parte delle spese per i mobili della cucina e per l’acquisto della madia nonché del box doccia e di altri oggetti (tovagliette, interruttori, staffe ecc.) di modico valore;

– il sostenimento da parte della convenuta di spese per l’acquisto di parte dei mobili della cucina e della madia, per le utenze, oneri condominiali ecc.;

– il sostenimento da parte di entrambi i conviventi di spese per viaggi, cene, spettacoli ecc. Il tutto in misura e con modalità tali da rientrare nella normale conduzione di un manage di coppia che comprende anche attribuzioni a titolo di regalie. Nella convivenza more uxorio si presume che entrambi i conviventi concorrano alle spese della vita di coppia secondo le rispettive possibilità economico-finanziarie e ciò in adempimento di un dovere morale, o meglio di obbligazione naturale, che rende irripetibili gli esborsi sostenuti ove vengano rispettati i principi di proporzionalità e adeguatezza rispetto ai mezzi di ciascun convivente. Per tutte Cass. n. 1266 del 2016: “Le unioni di fatto, quali formazioni sociali rilevanti ex art. 2 Cost., sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale, di ciascun convivente nei confronti dell’altro, che si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale e si configurano come adempimento di un’obbligazione naturale ove siano rispettati i principi di proporzionalità ed adeguatezza. Ne consegue che, in un tale contesto, l’attività lavorativa e di assistenza svolta in favore del convivente “more uxorio” assume una siffatta connotazione quando sia espressione dei vincoli di solidarietà ed affettività di fatto esistenti, alternativi a quelli tipici di un rapporto a prestazioni corrispettive”. La circostanza che parte dei beni acquistati dall’attore, e destinati a costituire l’arredamento dell’abitazione della coppia, siano rimasti nella disponibilità della convenuta dopo la cessazione della convivenza, non legittima l’azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c. sia perché si tratta di beni il cui valore non appare sproporzionato rispetto al tenore di vita della coppia (come documentato in atti) né al contributo economico fornito dalla convenuta alla vita comune, sia perché per la natura degli stessi (es. lampada) non esclude che siano stati oggetto di liberalità (regali) tipiche di un rapporto affettivo.

“L’azione generale di arricchimento ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro che sia avvenuta senza giusta causa, sicché non è dato invocare la mancanza o l’ingiustizia della causa qualora l’arricchimento sia conseguenza di un contratto, di un impoverimento remunerato, di un atto di liberalità o dell’adempimento di un’obbligazione naturale. E’, pertanto, possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente “more uxorio” nei confronti dell’altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza.” (Sez. 3, Ordinanza n. 14732 del 07/06/2018). Quanto alla domanda svolta dall’attrice (…), in relazione alla quale potrebbe non porsi la giustificazione della convivenza e quindi dell’adempimento di un’obbligazione naturale, va rilevato:

  • – poiché non è stato provato alcun rapporto di natura contrattuale tra (…) e la convenuta (ordini di acquisto merce) e che il sig. Ca. è legale rappresentante della società, si deve ritenere che il rapporto tra attrice e convenuta sia da far rientrare nel rapporto Ca./Ba. e che il beneficiario delle spese sostenute dalla (…) per l’acquisto del materiale elencato in citazione sia stato in prima battura lo stesso Ca.;
  • – i beni chiesti in restituzione (o controvalore) sono per lo più oggetti di uso comune (interruttori, chiavi, cavo elettrico ecc.) per i quali non pare possibile la “restituzione in natura” né il pagamento di un controvalore stante il non contestato utilizzo degli stessi nel corso di circa 18 mesi (durata della convivenza tra Ca. e Ba.);
  • – la natura dei beni apparentemente acquistati dalla (…) e “concessi in uso” alla Ba. (si legga lampade/lampadari), sempre per il tramite del Ca., ben possono rivestire la qualifica di liberalità disposte da un convivente a favore dell’altro, non esulando dai limiti di proporzionalità e adeguatezza rispetto al tenore di vita della coppia ed alle disponibilità finanziare dei conviventi.

Per tutto quanto sopra esposto le domande attoree devono essere rigettate in quanto le spese sostenute da Ca., anche per il tramite di (…), trovano giustificazione dell’adempimento di obbligazioni naturali e liberalità d’uso compatibili con il rapporto di convivenza nel corso del quale sono state sostenute.

Non appare fondata la domanda di condanna degli attori al risarcimento danni ex art. 96 terzo comma c.p.c. posto che non sono stati evidenziati particolari profili di lite temeraria e/o conseguenze negative derivanti dall’azione giudiziaria intrapresa non compensabile con la regolamentazione ordinaria delle spese di lite.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo in base ai parametri di cui al D.M. 55/2014 tenuto conto del valore della lite e della concreta attività processuale svolta.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza da ritenersi assorbita e/o rigettata:

– rigetta tutte le domande attoree;

– condanna gli attori, in solido fra loro e come in atti rappresentati, alla refusione in favore della convenuta delle spese di lite che liquida in complessivi euro 4.000,00 per compensi oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Bologna il 26 aprile 2023.

Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2023.

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